Varie
Il film, tratto dall’omonimo testo del drammaturgo David Rabe, si svolge in un unico ambiente: una camerata militare degli Stati Uniti, nell’anno 1965. Un gruppo di giovani, richiamati alle armi, sono in attesa di essere mandati nel Vietnam. Il film si apre sull’atmosfera snervante di uno stanzone semideserto, con qualche soldato che dorme, qualche altro che gioca a carte. Ad un tratto, uno dei giovani entra nelle docce e si taglia le vene con una lametta, ma viene subito soccorso da un compagno. Poi il film è centrato sulle reclute Billy, un intellettuale di provincia, Roger, un negro dal carattere conciliante, e Ritchie, un omosessuale che si diverte a provocare Billy, senza però scoprire troppo il proprio gioco. I tre soldati scherzano, chiacchierano, si prendono in giro con un frasario intessuto di termini grevi, proprio del gergo da caserma. A loro si aggiungono, con una funzione narrativa collaterale, due sergenti veterani che raccontano di eroiche gesta compiute in Indocina, ma in realtà lasciano intravvedere l’ossessione, i rimorsi e la paura che l’esperienza della guerra ha impresso nella loro mente. Essi cantano in coro, ubriachi fradici, “Beautiful Streamers”, la canzone parabola del soldato quando in volo si accorge che il suo ombrellone di seta non si aprirà e aspetta di conficcarsi “come un chiodo nella terra”. Da qui il titolo del film che, in gergo militare, indica i paracadutisti che precipitano al suolo. Le schermaglie tra Billy, Roger e Ritchie si trasformano ben presto in uno scontro con accuse, allusioni e offese reciproche. A far precipitare tale convivenza, ormai ai limiti della rottura, avviene l’irruzione nella stanza di Carlyle, un altro soldato nero, che fa esplodere con la sua aggressività, quelle passioni fino allora appena trattenute. Sotto l’influsso catalizzatore di Carlyle, si instaura un crescendo di tensione, una pericolosa spirale di violenza in cui tutti si lasciano trascinare senza saper controllare e capire quando sta loro accadendo. Carlyle, ormai alla pazzia per la paura della guerra e l’insofferenza della vita militare, accoltella Bilty e uccide il sergente ubriaco che gli si para dinnanzi, mentre Roger e Ritchie rimangono stralunati a contemplare la desolazione del loro stato. Proprio come accade per i paracadutisti che si ritrovano nel vuoto senza capire quello che sta loro avvenendo, così i protagonisti del film si sono lasciati trascinare verso la morte e l’autodistruzione.
mamma che noia, roba da morire di sonno anche dopo litri di caffè!!!
“Un modo per sfogare l’aggressività generata dalla paura della guerra”. Interessante questa chiave di lettura…
Ad ogni modo, questione di gusti 😉
Alla prossima!
Caro Daniele, a me invece sembra che l’omofobia sia solamente un ripiego. Un modo per sfogare l’aggressività generata dalla paura della guerra. Proprio questo terrore latente (e a sprazzi evidente) è il cardine della narrazione. Non basta un personaggio effeminato per giustificare 3 G. Per quanto riguarda la tua differente opinione sul film e sul regista… massimo rispetto. Un saluto:)
Beh, istintosegreto io credo che il film meriti assolutamente la categoria in cui è stato inserito. Penso che proprio l’omosessualità/omofobia sia il motore principale della narrazione che porta ad una dolorosa e violenta conclusione. Forse l’assetto teatrale può dare un po’ quella sensazione di artificioso di cui tu parli, ma i personaggi a me risultano credibili e tristemente realistici.
Bella anche la metafora del paracadute… Vabbé, insomma, a me Altman piace 😛
La pièce teatrale non la conosco, ma il film in oggetto è da evitare.
Dialoghi affettati e personaggi costruiti in modo artificioso. A tratti le situazioni sfiorano il ridicolo più che il grottesco. Non ho mai amato Altman e, dopo la visione di questo film, lo amo ancora meno. Vorrei infine che qualcuno mi spiegasse come mai è stato inserito tra i film a tendenza gay.
Ingiustamente poco conosciuto, meriterebbe più esposizione e più apprezzamento. Feroce e crudele e allo stesso tempo discreto e gentile. Un grande fil di un grandissimo regista