Varie
“… Febbre di primavera, di Lou Ye, ripropone il tema dell’omosessualità nella società cinese post-capitalista… Lou Ye giura trattarsi di un omaggio a Jules e Jim… Lou Ye è un cineasta che gioca a provocare (e in Cina non è più tanto difficile), ma è anche un regista raffinato, quindi il film ha un suo fascino, con degli squarci quasi poetici. Le scene di sesso sono tra le più realistiche mai viste…” (Alberto Crespi, L’Unità)
“…Stessa intensità e forza si trova nel film di Ye Lou, che si intitolerà Spring fever, la traduzione originale del titolo sarebbe «Notte di primavera e intossicazione», e si rifà ai versi del poeta Yu Dafau scritti negli anni ’20 dopo la storica rivolta del 1919. E il film nasce da una possibilità democratica di questa Cina di oggi che nel 2005 per frenare il problema dell’Aids ha aperto le porte ai temi omosessuali. Ecco allora che Ye Lou rende omaggio a Jules et Jim di Truffaut, cambiando i termini della storia amorosa. Qui due uomini si amano, ma la moglie di uno di loro lo fa spiare da un ragazzo che si introduce nella vita della coppia omosessuale fino a espellerne il marito della donna e a prenderne il posto. L’uomo scoperto dalla moglie e abbandonato dall’amante si suicida, e i tre intraprendono un doloroso viaggio insieme, in cui la donna scopre di essere insopportabile incomodo. Girato a Nanchino e nei boschi vicini al fiume Yangtze, il film ha il ritmo senza tempo dei luoghi e insieme ne porta le profonde ferite. Alla fine uno dei protagonisti si fa tatuare uno strano fiore il cui senso è: «l’intero mondo è un singolo fiore», anche quando è malato.” (Ugo Brusaporco, Il Giornale di Vicenza)
“… poetico-sensuale Febbre di primavera ispirato al romanzo di Yu Dafu, anno 1923. Il testo si intreccia con il chiaroscuro di immagini voluttuose, letto dai protagonisti della storia d’amore, omosessuali per caso. Sì, perché i corpi giocano una danza erotica senza confini, «travestiti» da uomini e donne, intercalati tra gelosie, passioni e vendetta. Al centro, l’irresistibile Jian Cheng, bellezza mongola, che ha il compito di infrangere la barriera etero/omo…” (Mariuccia Ciotta, Il Manifesto)
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