Pascal e Ricky sono due uomini, stranieri, che vivono ad Honk Kong. Da una parte c’è Pascal, svizzero, che ha passato l’ultima parte della sua vita sopravvivendo fra spettacoli da strada e piccoli crimini, dall’altra c’è Ricky, che viene da Pechino, e lavora come fidato aiutante in un umile ristorante. Le loro strade si incrociano in un fatidico giorno in cui si innamorano perdutamente l’uno dell’altro e decidono coraggiosamente di andare a vivere insieme. Ma assai presto il loro amore viene messo alla prova – il più incostante Pascal avanza delle richieste difficili al più mite Ricky. La loro storia s’interrompe. Molti anni dopo Ricky si mette alla ricerca del suo primo amore, e non molto lontano da Lucerne, incontra un uomo che assomiglia molto a Pascal… Come la gracile melodia dello scampanio del vento, si svela il segreto della sua poetica storia d’amore attraverso fugaci flashback. Immagini arcaiche di un’austera Svizzera, con il suo profilo rugato dalle aspre montagne e la sua cultura, che sa di rustico e taverne che non solo rappresentano la solitudine e il dolore dell’infelice (per amore) Ricky, il protagonista, ma creano anche il giusto contrasto con la vivacità e i colori della vita di Honk Kong dove, a prescindere da tutte le barriere culturali, la coppia ha potuto vivere e sperimentare momenti di vera felicità. (Berlinale 2009, tr. G.B.)
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Enigmatica storia d’amore, fatta di silenzi, che si muove su diversi piani temporali: passato e presente s’intersecano creando un tutt’uno. Questo non tempo è avallato dalla credenza orientale – più volte citata nella pellicola – che vuole che, una persona, dopo la propria morte, torni il settimo giorno successivo per dire i suoi addii.
Le parole mancano quasi del tutto, la comprensione della storia non è facile, anche se ci si lascia accompagnare, prendere per mano dalle immagini: si deve arrivare alla fine del film per riuscire a capirlo del tutto.
Dal punto di vista tecnico è davvero riuscito: fotografia con colori bellissimi, lunghi piano sequenza, paesaggi urbani e naturali equamente evocativi. Nonostante sia ambientato tra Hong Kong e la Svizzera, le suggestioni del cinema orientale appaiono predominanti.
Anche se il film è lieve e soave, la storia raccontata parla di un amore sbilanciato in cui Pascal, svizzero irrequieto che ad Hong Kong fa l’artista di strada (e talvolta il ladro), tratta Ricky da servile cinesino, sottomettendolo. Pascal ha bisogno di Ricky ma desidera allo stesso modo una vita che comprenda altri ragazzi da incontrare, discoteche e libertà. Questa dicotomia sentimentale lo fa soffrire e, nonostante il suo personaggio non mi piaccia per niente, nel momento in cui si accorge che il suo comportamento ferisce oltre ogni modo Ricky, ha un’intuizione di colpevole consapevolezza in una scena favolosa dentro ad un bus, girata con colori bellissimi.
E’ assai strano che un film così intenso e di ottima fattura (il regista ha impiegato cinque anni a terminarlo), abbia avuto successo solo in ristrettissimi circoli.
Un film decisamente complicato, difficile da capire se guardato una sola volta, si fatica a seguire ma alla “fine” tutto ha un senso. Molto romantico e delicato, mi è davvero piaciuta la regia, notevole la fotografia. La sensibilità con cui è stato raccontato Ricky mi ha davvero colpito, da vedere!
Gran film. Uno dei miglior film a tematica gay degli ultimi anni.
Bello, romantico, delicato assolutamente da vedere