Silent Story

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Silent Story

Quattro vite, quattro nazionalità, quattro diversi orientamenti sessuali. Quattro storie silenziose di persone (due uomini e due donne) costrette a lasciare il loro paese d’origine (Algeria, Senegal, Iraq e Guinea) a causa della loro “diversità”. Il film documentario Silent Stories racconta le speranze, le battaglie, i sogni, le frustrazioni di Sarah, Arezki, Rabiatou, Jean-Louis. Mentre gli ultimi tre riescono ad emigrare in Belgio, dove cercano di rifarsi una vita e integrarsi dedicandosi agli studi o all’attivismo; per la prima, la transessuale irachena Sarah, il futuro è ancora incerto. Dopo lunghi anni di attesa potrebbe arrivare il tanto sospirato asilo politico e la speranza di un’operazione per cambiare sesso. Che siano lesbiche, transessuali, omosessuali o bisessuali, giovani o meno giovani, differenti per cultura, contesto sociale o educazione, ciò che unisce i protagonisti di queste storie è il loro dover fare i conti con il passato (la religione, la comunità e la famiglia di provenienza) e la loro battaglia per un futuro in cui possano vivere pienamente la loro vita. Silent Stories riesce a coinvolgere ed emozionare lo spettatore grazie al suo sguardo poetico e intimista, che rende indimenticabile il caleidoscopico racconto delle vite dei protagonisti. Silent Stories segna l’inizio della collaborazione tra la filmmaker Hanne Phlypo, diplomata all’Insas (Institut National Supérieur des Arts de Spectacle et de la Diffusion), e la giornalista e scrittrice Catherine Vuylsteke, collaboratrice del quotidiano De Morgen e autrice del libro Onder Mannen. (Gender Bender)

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Silent Stories is a poetical portrait of two men and two women whose sexual identity forced them to leave Dakar, Algiers, Conakry and Baghdad. No mere film about pain and sorrow but rather one that is filled with hope and oxygen and that explores the unknown colour of tomorrow.
In Silent Stories Hanne Phlypo and Catherine Vuylsteke follow two men and two women from Algeria, Senegal, Iraq and Guinea whose sexual orientation forced them to leave their country – whether they were bisexual, homosexual, lesbian or transsexual. Three of them are rebuilding their lives in Belgium, for the fourth, the Iraqi transsexual Sarah, long years of waiting have finally resulted in political asylum and the prospect of a gender operation. Different as the four characters might be in terms of age, social and educational background and country of origin, what binds them is their emotional struggle, their grief for what they lost and their hope for what the future might bring.
The directors chose not to treat their characters in a serial way but preferred a kaleidoscopic approach, which is both poetic and intimate. They don’t want to convince, inform or educate the spectators, their mere aim is to move them profoundly, and thus transform the hard lives of these protagonists into those of theviewers, at least for an instant.

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