E’ stato il primo film australiano ad affrontare la tematica omosessuale. Il film, trasposizione dell’omonimo romanzo dell’attore Roger Ward, anche co-sceneggiatore, vuole celebrare la vita della drag queen australiana “Candy” (Ken Johnson), con i suoi amori e le sue traversie frammiste alle sue esibizioni. Candy diventò la proprietaria della prima sauna gay in Australia, chiamata ‘KKK’ (Ken’s Karate Club). Il film ci racconta così la vita gay nell’Australia degli anni ’60, un film che poteva essere girato in quegli anni solo in quel continenete, dove nell’industria cinematografica locale tutto sembrava possibile. Il regista Brittain, appena arrivato da New York, promuoveva il suo film presso i produttori come una “bellissima storia d’amore”, come la risposta australiana alla “Dolce vita” di Fellini. Più del contenuto gay, all’epoca fece scandalo la nudità di Hazel Phillips in piscina (nel ruolo di Peggy Sylvester), allora famoso per la sua partecipazione ad uno show perbenista (Girl Talk). Il film, prima regia cinematografica di Brittain (che poi finirà a lavorare in Vaticano come regista ufficiale della Chiesa Cattolica), ne rileva tutta l’inesperienza, anche perchè aiutato da una troupe televisiva: trama pasticciata, livelo del suono discontinuo, montaggio goffo delle scene musicali con quelle d’interni dove gli attori si fronteggiano e declamano melodrammaticamente. Alla fine del film non risulta chiaro se la condizione omosessuale debba essere considerata come un immaturo stile di vita o la celebrazione dell’eccentricità. Il produttore David Hannay disse che andava considerato come “un documento sociale innovativo e pionieristico, senza mai perdere di vista il suo innato spirito camp”.
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