Il Servo di scena

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Il Servo di scena

Nell’Inghilterra degli anni ’40 un attore di teatro (Albert Finney) a fine carriera sopravvive grazie alle premure che gli dedica il suo assistente omosessuale Norman (Tom Courtney), che vive di riflesso i trionfi del padrone. Il rapporto tra servo e padrone, arte e vita, meschinità e poesia, sono riletti senza grandi novità. Forse il messaggio più valido del film risiede nel mostrare come possano esistere altre forme di amore, oltre quello sessuale, ugualmente fondamentali, come l’amicizia e i legami più o meno professionali che possono sostituire la famiglia tradizionale (vedi l’ambiente teatrale). Impeccabili i protagonisti.

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Un commento

  1. thediamondwink

    Una delirante vecchia maschera e il suo “servo”, sono i protagonisti di questo film, che più che un lungometraggio, sembrerebbe un dietro le quinte di uno spettacolo teatrale, dove la follia dell’attore influenza l’intera piece e ne compromette il corretto svolgimento. Il personaggio di Tom Courtenay, a mio parere, è un po’ troppo marcato, mentre è da elogiare la recitazione straordinaria di Finney: grandiosa! Il film è decisamente palloso, noioso, troppo lungo per una fine che mi aspettavo…

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Ambientato nell’Inghilterra del 1940 – nel periodo, quindi, che vedeva gli Inglesi, non ancora affiancati dagli Stati Uniti, prodigarsi al massimo nella lotta contro il nazismo – il film narra la storia di un troupe di anziani attori di teatro che contribuisce, nel suo campo, a tenere alto il morale degli inglesi, portando nei teatri di provincia il repertorio scespiriano e recitando coraggiosamente anche sotto gli allarmi aerei. Ne è capo comico un vecchio attore, un Sir despota e capriccioso, vanitoso ed egoista ma anche stanco, ormai al tramonto della sua carriera e che ogni sera trova la forza di entrare in palcoscenico perché recitare è la sua vera ed unica forma di vita. Gli è accanto “the dresser”, che, in realtà, riveste il ruolo di segretario, di amico, di suggeritore; che è capace di aiutarlo nei momenti di smarrimento, di rammentargli le parti dimenticate, di spronarlo quando il Sir sta crollando, di lavarlo, persino, di vegliarne il sonno, di proteggerlo dalle invadenze degli altri. Norman, il servo di scena, dai gesti e movenze che rivelano tendenze omosessuali, non ha più una vita propria ma ha trasferito sé stesso, i suoi sogni, le sue aspirazioni nel grande attore e vive di luce riflessa e protegge e difende gelosamente il padrone perché così facendo difende e protegge sé stesso. Alla vigilia di un debutto in provincia, tutta la troupe è impegnata per la messa in scena di re Lear e, nella tensione dei preparativi, si rivelano i difetti, le debolezze, i rancori esistenti nel gruppo teatrale fino a raggiungere il diapason nello stralunato Sir che, ormai al di fuori di ogni realtà, vaneggia confondendo le parti, e in un Norman che lotta disperatamente perchè la resa del suo padrone segnerebbe la fine di lui stesso. E quando, finalmente, il re Lear andrà in scena in uno spettacolo che muove il pubblico al pianto, questo sarà l’ultimo sforzo del vecchio attore stremato. Il Sir, provato dalla fatica di tutta una vita dedicata al teatro, muore nel suo camerino con un sorriso sulle labbra. Norman scopre che nella dedica della sua autobiografia, l’attore ha ricordato tutta la compagnia teatrale, dimenticando proprio lui, il servo fedele. Esplode allora, amarissimo, il grido d’amore e di rabbia di Norman: il grido di chi è rimasto solo, senza ormai più identità, nè affetti, nè scopo di esistere.

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