Film a bassissimo budget, quasi sperimentale, è un interessante studio su tre personaggi assai differenti tra loro, che vogliono confrontarsi con un passato incancellabile. Antichi crimini mai confessati. E’ anche un confronto tra due generazioni, tra due culture differenti, con qualcuno, il giovane protagonista gay, che sta nel mezzo, prigioniero di colpe non sue. Ksawery (Tomasz Tyndyk), un ballerino omosessuale che lavora come drag queen a Varsavia, sta facendo visita al nonno Jan (Marek Kepinski) che vive in una casa isolata nelle campagne. Ad accompagnarlo c’è Karolina (Agnieszka Podsiadlik), una donna ebrea che ha un’ambigua relazione con Ksawery, anche se viene inizialmente presentata come la sua agente. Il vecchio Jan, ormai ottantenne, porta con sè un terribile segreto, di molti anni prima, al tempo dell’olocausto. Moglie e figli sono ormai deceduti, è completamente solo, con davanti solo la morte ad aspettarlo. Adesso sembra però un uomo tranquillo, quasi dolce e tollerante, anche verso il nipote gay ed il suo singolare lavoro, anche se preferisce non conoscerlo nei dettagli. Arriva persino a dire che gli spiacerebbe se qualcuno offendesse o facesse del male al nipote per quello che è. Passa le sue giornate facendo piccoli lavori in casa, leggendo sulla sua sedia a dondolo, guardando vecchi video della famiglia e cucinando sardine. Difficile credere che quella casa sia la stessa rubata ad una famiglia ebrea, il poeta Aikerman e il suo giovane figlio, che sparirono in circostanze misteriose. Apprendiamo che questa vicenda è stata oggetto d’indagini alcuni anni prima e che Jan non vuole più parlare di questo processo, finito con la sua assoluzione. I due giovani non vogliono accettare questa sua reticenza. Ksawery sembra il più agitato, intuisce che il nonno nasconde qualcosa di spaventoso, ma Karolina insiste nel cercare delle risposte. Quando il nonno ripete la sua solita storia affermando che è stato assolto da tutto, Ksawery si arrabbia e gli dice: “So tutto sulla tua scandalosa famiglia”, consapevole che il nonno non dice la verità. I crimini commessi dai nostri padri continuano a pesarci addosso, come se noi ereditassimo anche le loro colpe. Jan potrà morire in pace, ma lascia un pesante fardello sulle spalle di Ksawery, che tenta di dimenticare la sua frustrazione nella danza, vestendosi in modo stravagante, con costumi e tacchi a spillo dorati, cercando di essere qualcun altro, lontano dalla verità. Il nonno però non vuole perderlo e gli ricorda che lui, Jan, è tutto quello che gli rimane della sua famiglia, gli dice: “non distruggere il nostro legame”. Quello che veramente sta chiedendo al nipote è di fargli passare in pace gli ultimi giorni della sua vita. Ma Karolina, giovane donna ebrea, vuole conoscere la verità, anche al costo di distruggere l’ultimo brandello di famiglia di Ksawery. Tutto questo perchè anche la sua famiglia è stata vittima delle nefandezze naziste. Non vorrebbe ferire Jan, lo capiamo anche dalla bella scena del loro ballo sulla veranda. Ma la sua frustrazione è immensa, l’abbiamo capito dalle urla assordanti che lancia nella prima scena del film. Il suo personaggio è ambiguo, non sappiamo se sia una specie di giornalista o sia maggiormente implicata nella vicenda, come farebbero credere quelle urla che provengono dal profondo dell’anima…
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