Elegantissima e sofisticata commedia americana: un ragazzo nero, Paul, si spaccia per il figlio di Sidney Poitier e si intrufola nell’agiata famiglia dei coniugi Kittredge chiedendo aiuto perché ferito. Il giorno dopo non esiterà a portarsi a casa una marchetta (e che marchetta) venendo scoperto: le prossime vittime saranno altre coppie della Manhattan bene, ma l’anima del credibile Paul ha lasciato il segno. Gran classe e gran ritmo per la versione cinematografica di una commedia teatrale di John Guane in cui fanno faville un esordiente Will Smith e una delle più brave e sottovalutate attrici americane (Stockard Channing – era la moglie ribelle in ‘Too Wong Foo’ e l’amica suicida ne ‘Il club delle prime mogli’). False verità e geniali ipocrisie per un ribaltamento dei ruoli sociali in nome dell’attaccamento a un senso di umanità perduto nei quartieri alti della New York da salotto. Il titolo del film deriva da una teoria statistica secondo cui ciascuno essere è separato da un altro da al più sei livelli di correlazione. Roberto Schinardi (Noi)
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Un tizio si spaccia per il figlio di Sidney Poitier raccontando la sua storia a tutti gli indirizzi di un’agenda presa da un ragazzo che si era invaghito di lui.Si affezziona però ad una particolare famiglia e poi confessa che fa tutto questo solo per sentirsi parte di una famiglia. Il film finisce male con la moglie di questa coppia che si affeziona a questo ragazzo, che però viene arrestato. Alla gfien è un bel film, ma verso metà film rischia di annoiare.