Marion (Lydia Schamschula) è una pragmatica giornalista televisiva che sfrutta il genere sensazionalistico delle notizie. Proprio su una di queste notizie, la data del calendario Maya che pronostica la fine del mondo, con una eventuale rinascita individuale, ha avuto una accesa discussione con la sua compagna Lucia (Sesede Terziyan). La cosa diventa drammatica quando, il giorno dopo, improvvisamente Lucia sparisce. Marion chiede subito l’aiuto del suo fedele cineoperatore per rintracciarla, che parte da una scrupolosa indagine su Google. Ma sarà solo dopo alcune interviste a delle persone che fanno riferimento ad un misterioso culto che Lucia stava studiando, culto che offre una soluzione al problema con un suicidio collettivo, che Marion inizia a preoccuparsi seriamente decidendo di recarsi in Portogallo, dove raggiunge un gruppo di persone accampate vicino a Salto in attesa – tra rituali, danze e canti – che arrivi la fine del mondo… Il film, girato come un finto documentario, ha i suoi momenti migliori quando Marion si confronta con questi pellegrini e devoti del culto, cercando di guadagnare, forse con troppa illusione, la loro confidenza. Meno convincente la metafora, che probabilmente il regista voleva sottolineare, sulla ricerca di se stessi e sull’accettazione delle proprie paure e della propria identità sessuale.
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