Sono passati più di 20 anni dalla morte di Robert De Niro Sr. Per cancro, ma il suo ricordo è ancora molto fresco nella mente del figlio, che ha conservato la casa dove il padre dipingeva a SoHo di New York City. Una casa piena di libri, pennelli, e centinaia di tele, alcune delle quali rimaste incompiute. Il padre di De Niro, nato da genitore italiano (Ferrazzano, Campobasso), era omosessuale e per questo si separò dalla moglie poco tempo dopo la nascita del figlio(1943). Nell’anno di convivenza con la moglie Virginia Admiral la loro casa era diventata luogo d’incontro di diversi artisti, come gli scrittori Anaïs Nin e Henry Miller, il commediografo Tennessee Williams, e la famosa ballerina Valeska Gert. De Niro figlio dice che considerava il padre un grande artista (teneva mostre in diverse città americane, molti suoi quadri sono oggi esposti all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington) e che per lui dipingere era “l’unico modo per sentirsi vivo”. Nel film Robert De Niro legge alcuni brani del diario del padre con le lacrime agli occhi. E’ convinto che molte storie intime della vita del padre, spesso segnata dalla disperazione, portassero il peso del suo orientamento sessuale e forse anche di una stagnazione nella sua carriera artistica. De Niro si rammarica di non averlo potuto aiutare maggiormente, soprattutto quando era malato di cancro e moriva, solo, a New York il 3 maggio 1993. De Niro gli dedicò il suo primo film da regista, “A Bronx Tale” (1993). De Niro, parlando del padre, dice: “… Per me è stato sempre un grande artista, un pittore tardo figurativo, probabilmente in conflitto con l’essere gay in quegli anni e in una piccola città. Io non ero a conoscenza di questo e avrei voluto che ne parlassimo di più. Mia madre, però, non voleva toccare l’argomento e quando sei giovane non sei molto interessato a questo tipo di cose. E’ evidente che non eravamo il tipo di padre e figlio che giocavano insieme a baseball ma, in qualche modo, credo di essere riuscito a guardare dentro di lui. Mio padre non è stato un cattivo padre. Era assente, in un certo senso. Ma era molto affettuoso. Lui mi adorava… Come faccio io con i miei figli”. Il film prende spunto dai diari lasciati dal padre e vuole essere un messaggio ai suoi nipoti “perché si rendano conto che, a volte, bisogna fare delle cose al momento giusto. Senza rimandare a dopo. Perché dopo potrebbe essere tra vent’anni e allora sarebbe troppo tardi.”
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