“Ancora una volta il maestro del cinema naturalizzato francese si concentra su una conturbante narrazione dai risvolti psicologici, freudiani, declinandoli stavolta però all’inquietante tema del doppio. Protagonista è Delphine (come l’autrice dell’originale cartaceo), la quale ha avuto un notevole successo con il suo primo romanzo autobiografico, che racconta la controversa storia della sua famiglia e il tragico suicidio della madre. La donna è però in profonda crisi da ‘blocco dello scrittore’, combattuta tra il senso di colpa per aver affrontato tematiche così personali (numerose lettere anonime la accusano di aver svenduto gli aspetti più intimi e privati relativi ai suoi cari) e l’ansia di eguagliare il riscontro ottenuto con il best seller con il suo successivo lavoro. Inoltre, sin da principio ne è sottolineata l’estrema solitudine, i figli sono già grandi e hanno abbandonato i lidi domestici da tempo, mentre il compagno, François (Vincent Perez), un presentatore televisivo e critico letterario molto importante, è spesso assente per lavoro. Durante una sessione di autografi, tuttavia, Delphine viene avvicinata da una sua fan il cui nome è, evocativamente, Lei / Elle ‘come Elizabeth’ (ma che rimanda anche naturalmente all’Id freudiano, sebbene in italiano diventi ‘Leila’); poco dopo, ad una festa, le due casualmente si rincontrano e tra di loro si crea immediatamente una grande sintonia. Sembra quindi che la scrittrice abbia finalmente trovato una confidente, ma la conturbante nuova amica – che fa la ghost writer – ha atteggiamenti sempre più singolari e inquietanti, pare ossessionata da Delphine e continua a spronarla alla scrittura del suo fantomatico “libro segreto”. Lentamente il rapporto tra le due donne diviene sempre più morboso ed Elle inizia a gestire personalmente sempre più la vita dell’autrice, curandone le e-mail, le relazioni con amici e contatti professionali, arrivando addirittura a volersi sostituire a lei a un evento pubblico. Tuttavia, la sconosciuta che è così rapidamente entrata nella vita della romanziera serba un oscuro segreto, che man mano che la trama si dipana viene alla luce, fino alla rivelazione finale (affatto inattesa anche per i meno sgamati …).
Costruito sapientemente su dialoghi e dettagli, elemento portante di questo dramma da camera declinato alla psicosi è la recitazione, impeccabile, delle due attrici principali. Si tratta di un equilibrio delicato e precario, della contrapposizione mobile dei personaggi nodali, le cui psicologie evolvono in maniera correlata e complessa, portando avanti il tema del ‘doppio’ caro al regista (e la scelta del soggetto non appare particolarmente casuale viste le sue delicate vicende personali). Da una parte allora seguiamo Emmanuelle Seigner in una parabola degenerativa, mentre perde sempre più il dominio sulla realtà, sempre più passiva e remissiva, fino a non avere più nemmeno padronanza sul proprio corpo, su sé stessa. Dall’altra, in un moto opposto, Eva Green rende con conturbante e misteriosa spavalderia il proprio ruolo in un crescendo (che ricorda in certi passaggi naturalmente anche Misery non deve morire), in una via via maggiore invasione e interferenza nella vita della scrittrice, fino a prenderne il totale controllo, fino ad assumerne l’identità…” (Sabrina Crivelli, ilcineocchio.it)
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Grandissima delusione, innanzitutto a cominciare dalla presunta (e inesistente) tematica lesbica. La sigla LL è del tutto fuorviante così come la dicitura “sesso lesbico” nella scheda qui in alto. Non mi è piaciuta nemmeno la recitazione delle due attrici che sono risultate entrambe noiose e odiose. La trama ricorda troppo dichiaratamente “Misery non deve morire” e mi chiedo che necessità abbia avuto Polansky di riproporre un tema peraltro già sviluppato altrove declinato proprio al femminile. Non so se il romanzo invece abbia una qualche valenza ma a questo punto non so se lo leggerò. Grande delusione, non aspettatevi niente di che!