Quei due

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Quei due

Charles e Harry, barbieri della periferia londinese, vivono assieme da una trentina d’anni. Come quella di due coniugi stanchi la loro vita è fatta di continui litigi, di futili battibecchi, di sofferenze inferte volontariamente: ma entrambi sanno di non poter più fare a meno l’uno dell’altro. Scoperto in abiti femminili in un pubblico locale, Charles aspetta con ansia crescente la convocazione in tribunale, convinto di non poter dimostrare la propria innocenza e terrorizzato all’idea di essere esposto al ludibrio delle persone normali. A distrarlo non servono le scampagnate con Harry, né i suoi sfoghi contro di lui ferocemente canzonato per la sua calvizie, nascosta da molti strati di fasce. Una sera che si è trascinato in casa un giovinastro, Harry reagisce come una moglie gelosa, si ritira nel bagno e sviene. Credendo a un tentativo di suicidio, Charles si affanna a salvargli la vita, salvo, conosciuta la verità, aggredirlo nuovamente con graffianti facezie. L’indomani è il giorno dell’udienza in tribunale: lo sguardo fisso, il passo incerto, Charles vi si avvia rifiutando la compagnia di Harry che potrebbe danneggiarlo. Poi comprende che la sua vicinanza gli è indispensabile e lo chiama, a gran voce, acanto a sé. (Cinematografo.it)
Criticato al tempo dal militanti gay perché “considera la vita tra omosessuali come un’imitazione del modello eterosessuale” (Vito Russo)

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Una coppia di “checche” londinesi convivono da trent’anni: sono Charlie (R. Harrison), pavone dalla lingua malefica, e Harry (R. Burton), chioccia dall’ostentata sollecitudine materna. Uno è il sadico, l’altro il masochista e, come succede in certe vecchie coppie eterosessuali, ciascuno dei due ha disperatamente bisogno dell’altro. Tratto dalla pièce Il sottoscala di Charles Dyer che ne ha curato l’adattamento, è palesemente un film di attori, con Harrison e Burton in gara di bravura sopra le righe. S. Donen si è messo al loro servizio con elegante misura, ma la sua mano si vede soprattutto negli allucinanti ritratti delle due vecchie madri. Al di là del piacere del testo, si presta a un dibattito sulla rappresentazione dell’omosessualità a teatro e al cinema. (Il Morandini)

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