Film sugli ultimi tre anni della vita del regista, trascorsi tra Europa ed USA, con l’obiettivo, perfettamente conseguito, di costruire una famiglia per lui e per il suo compagno Giampietro. Il film viene considerato dal regista come opera preparatoria di un film più ampio (titolo provvisorio “La mia nuova famiglia”), basato sulla storia della sua vita, che sta preparando per il prossimo anno.
“Prima di tutto” è stato trasmesso il 19 settembre, purtroppo dopo la mezzanotte, sul canale Rai 3 nel programma DOC 3 di Lorenzo Hendel presentato da Alessandro Robecchi, ed è tutt’ora recuperabile sul sito del programma www.doc3.rai.it, che raccomandiamo altamente.
Il documentario è girato in presa diretta, senza ricorrere ad interviste particolari, fatta eccezione per il dialogo col pastore valdese, comunque memorabile nel difendere la scelta dell’inseminazione artificiale con l’uso di due donne, che, dice, non possono essere considerate ‘oggetto’ ma soggetti fondamentali di una storia tutta d’amore. Lo stile è quello di film come “Il Lupo in calzoncini corti” (altro doc presentato lo scorso anno dallo stesso programma Rai), completamente inserito nella vicenda, che racconta passo passo, portando lo spettatore al fianco dei protagonisti, nei momenti più cruciali e commoventi della loro recente storia. Conosciamo così le due mamme, quella uovo (la donatrice dell’ovulo) e quella pancia (la gestante), entrambe consapevoli di stare compiendo un profondo gesto d’amore, sia verso i due gemelli in arrivo che verso i due padri ansiosi di avere una famiglia come tutti, espressione completa del loro amore e della loro felicità.
Nel film, spiega il regista, “racconto la relazione stabilita con mamma pancia, la donna che ha portato i figli per noi. L’espressione “utero in affitto” è offensiva perché non considera i sentimenti che nascono attorno a qualcosa di nuovo. Noi, nello specifico, abbiamo mantenuto una relazione anche con mamma uovo, la donatrice“. Il risultato, che le immagini del film ci fanno conoscere in tutti i dettagli, è una famiglia ancora più grande, una solidarietà tra diversi nuclei famigliari, quelli delle due donatrici, ognuna delle quali ha la propria famiglia con propri figli, quello dei due papà e delle loro rispettive famiglie originarie. Queste ultime sono tutte composte da persone che, pur essendo meridionali, sanno comprendere ed accettare le novità, andando oltre le tradizioni, guidati solo dall’amore (qualche perplessità emerge, ma le lacrime di tutti, soprattutto durante la cerimonia del battesimo, sono sincere e partecipate).
I momenti più belli del film sono comunque quelli dedicati ai due gemellini, che seguiamo dalla nascita (anzi dalle prime immagini ecografiche) fino ai tre anni di vita, due pargoli pieni di vita e di gioia, offuscata solo quando coi genitori assistono ad uno show televisivo con la Mussolini che sbraita contro i genitori gay. In merito Marco, commentando il suo film, dice che “le nostre famiglie, quelle chiamate arcobaleno, non possono essere spiegate in un talk show. Il dibattito tv si basa su due opinioni contrastanti, radicalmente diverse. Con questo linguaggio non si possono comprendere i sentimenti inesplorati“. Sono infatti nuove realtà, scaturite da nuove relazioni e nuovi sentimenti, nuove parentele, nuove solidarietà, quelle che il film ci racconta. Il film è stato prodotto dalla Intelfilm (società fondata da Piccioni nel 1996) in collaborazione con DOC TRE, con il sostegno dell’associazione Famiglie Arcobaleno e il contributo dell’otto per mille della chiesa valdese, che in questo film si sbilancia apertamente e convintamente verso le famiglie gay.
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