Il Pratone del Casilino nasce come spettacolo teatrale, messo in scena dallo stesso Giuseppe Bertolucci con un monologo di Antonio Piovanelli, guidato nell’incipit dalla voce registrata dello stesso Pasolini e ispirato all’omonimo capitolo del romanzo incompiuto Petrolio, quello nel quale il protagonista Carlo, sorta di alter-ego dello scrittore, decide di “mettere in scena” una sorta di liturgia erotica confinante nell’ansia autodistruttiva: si offrirà a dei ragazzi di strada, “venti uomini, né uno di più né uno di meno”.
Per Bertolucci “il protagonista è un eroe, qualcuno che l’immaginario collettivo ha inviato a compiere un’esperienza unica (ma al tempo stesso così comune) nella “selva oscura” delle pulsioni omosessuali. E lui ritorna riportando alla comunità i risultati della sua esplorazione, i frutti dolorosi del suo piacere. Ripetendo l’irripetibile. Da lì siamo partiti: da un’umile Ercole dei nostri giorni e dalle sue umilissime fatiche, dalla sua epopea notturna in quel lontano (vicinissimo) pratone del Casilino. Un’epopea della sessualità? Un vertiginoso percorso nella fisiologia erotica? Certo. Ma vorrei soprattutto che lo spettacolo fosse per lo spettatore una specie di “messa cantata”, una celebrazione teatrale di quel meraviglioso “sacrificio letterario” che Pasolini ha compiuto, per anni e anni, nel chiuso della sua mente e della sua scrittura”. (www.cassero.it)
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