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Articolo di Luca Biscontini su taxidrivers.it in occasione della pubblicazione in DVD (15/3/2017)
Che nostalgia viene a rivedere, dopo qualche anno, un film delizioso come La patata bollente di Steno: la stagione della commedia all’italiana, sebbene nella sua fase finale, riusciva ancora a produrre delle opere di indubbio valore, realizzando una felicissima sintesi tra il bisogno di affrontare questioni importanti, di natura sociale e antropologica, e l’esigenza di intrattenere piacevolmente il pubblico, il quale, tra una risata e l’altra, veniva convocato ad assumere una posizione netta rispetto a taluni temi che richiedevano una presa di coscienza.
Nel 1979 quale era la percezione dell’omosessualità nel mondo progressista della sinistra italiana?
Gli sceneggiatori de La patata bollente (lo stesso Steno, Giorgio Arlorio e Enrico Vanzina) seppero costruire una storia ben strutturata, basata in parte sul collaudato gioco dell’equivoco, in cui a fare da sfondo c’era il mondo della fabbrica, con i problemi derivanti dal disinteresse dei padroni circa il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, ancora legati a una rappresentanza sindacale rivelatasi irrimediabilmente inadeguata a interpretare in modo corretto le nuove esigenze provenienti dal corpo sociale.
La patata bollente è un film prezioso da mostrare alle nuove generazioni e da riproporre a tutti quelli che non ne avessero compreso fino in fondo l’indiscutibile valore
Maria (interpretata dalla sempre opportuna e abbagliante Edwige Fenech), dopo aver assistito all’ennesima proiezione di un film russo con sottotitoli in un cinema d’essai (il titolo che campeggia sul manifesto è un fantasioso “Uomo operaio”), inveisce contro il fidanzato, Bernardo Mambelli, detto “il Gandi” (un Renato Pozzetto efficace), affermando senza andare per il sottile: “La classe operaria il sabato si vuole divertire”.
Questa semplice ma assai tagliente battuta rendeva conto, già allora, delle nevrosi di un mondo che stava per essere definitivamente sussunto da un capitalismo sempre più fluido, per cui le sacrosante lotte che in passato avevano seriamente e giustamente animato la vita politica del nostro paese perdevamo fatalmente consistenza, finendo per divenire, nel loro anacronismo, materiale proficuo per una commedia.
Steno fu abilissimo a disegnare, con rapide ma incisive pennellate, una situazione bloccata, stantia, che chiedeva di essere profondamente riformata.
L’entusiasmo provocato dalla visione de La patata bollente resiste al passare degli anni, laddove il film nella sua immediatezza, freschezza e acutezza non corre il pericolo di essere archiviato in quanto obsoleto
A sparigliare le carte in tavola ci pensa Claudio (un Massimo Ranieri abile e credibile), un ragazzo omosessuale, che, dopo essere stato sottratto a un pestaggio a opera dei fasciti, irrompe nella vita di Gandi, obbligandolo a rivedere le proprie posizioni.
Il sillogismo era pressappoco questo: Gandi odia i fascisti; i fascisti odiano gli omosessuali; Gandi sta dalla parte degli omosessuali (leggi: la sinistra non può mantenere un atteggiamento neutro nei confronti dell’omosessualità, deve esporsi).
Insomma, ci si rende facilmente conto di quanto una commedia come questa, con alle spalle un lavoro di scrittura solido e ben indirizzato, potesse scuotere le menti degli spettatori e costituire un efficace strumento per far ripartire un dibattito che si era da tempo addormentato.
L’entusiasmo provocato dalla visione de La patata bollente resiste al passare degli anni, laddove il film nella sua immediatezza, freschezza e acutezza non corre il pericolo di essere archiviato in quanto obsoleto; semmai è il contrario: un senso di sconforto assale lo spettatore, il quale, reduce dall’esperienza della commedia italiana contemporanea, non può che rimpiangere quel glorioso passato, in cui non degli intellettuali, ma degli uomini intelligenti, seppero interpretare al meglio i sentimenti che serpeggiavano nell’animo di un popolo che, forse per la presenza della Chiesa (generatrice implacabile di nevrosi), non era mai riuscito ad assumere un atteggiamento opportuno rispetto ad una questione che non poteva essere più accantonata (con tutto l’imbarbarimento culturale che una tale chiusura poteva comportare).
Pubblicato da Mustang Entertainment e distribuito da CG Entertainment, La patata bollente è disponibile in dvd
La patata bollente è un film prezioso da mostrare alle nuove generazioni (che magari l’avranno visto distrattamente nei vari passaggi televisivi) e da riproporre a tutti quelli che non ne avessero compreso fino in fondo l’indiscutibile valore.
Consigliatissimo, dunque, l’acquisto del dvd, per potere vedere e rivedere un’opera che il passare del tempo non smette di impreziosire.
Pubblicato da Mustang Entertainment e distribuito da CG Entertainment, La patata bollente è disponibile in dvd, in formato 1.85.1 con audio in italiano (DD 1.0) e sottotitoli per non udenti opzionabili.
Luca Biscontini
bellissimooooooooooo
chi sa il titolo dalla canzone il tango
“Tango diverso” di Toto Savio (cantante degli Squallor) che si firma con lo pseudonimo Tamara.
Concordo con thediamondwink. La tematica è attuale e anche se il movimento ha fatto parecchi passi da allora, l’omofobia è ancora presente, così come la concezione di quello che secondo alcuni dovrebbe essere “normale” … Spero, sempre, che prima o poi qualcuno decida di fare un remake …
Splendido film, anche se si sente la presenza degli anni ’70. Se solo venisse fatto un remake oggi la qualità diverrebbe eccellente
storia molto piacevole, è stata una bella occasione per riscoprire Pozzetto!
trovo abbastanza attuale la tematica espressa nel film, certe ‘fobie’ espresse nel film, sono attualissime a causa di una politica scorretta contro gli omosessuali. Fighissima la Fenech e simpaticissimo Pozzetto. Una commedia ‘scomoda’ allora come adesso. da vedere assolutamente!!!
Nelle intenzioni di Giorgio Arlorio, autore del soggetto, doveva essere più serio (fu inoltre scritto prima del Vizietto), ma poi le ragioni del botteghino ebbero la meglio. Tuttavia da Steno e da suo figlio Enrico non ci si sarebbe mai aspettato un film così. La differenza basilare con il film di Molinaro è che se non credi neanche per un secondo che tra Tognazzi e Serrault ci sia qualcosa di carnale, l’omaccione Pozzetto comincia ad essere in qualche modo affascinato dal giovane così ‘diverso’ da lui. Giovane che, a sua volta, non si fa fatica ad immaginarlo, per dirlo alla Mina, ‘tra mille voluttà’.
Splendido film, anche se si sente la presenza degli anni ’70. Se solo venisse fatto un remake oggi la qualità diverrebbe eccellente