Parto col folle

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Parto col folle

Peter Highman è un architetto litigioso e nervosetto ed è anche un padre in attesa della nascita del suo primo figlio. La moglie sta per partorire, ma mentre lui cerca di prendere un volo da Atlanta a Los Angeles per starle accanto durante il parto, succede di tutto. Ethan Tremblay è un aspirante attore gay (un po’ troppo stereotipato nel doppiaggio italiano stile vizietto), un mattacchione esuberante, petulante, panciuto e con la permanente che vive in simbiosi col suo inseparabile Sonny, un bulldog francese che si masturba per addormentarsi, come il padrone. Cos’hanno in comune due uomini così diversi? Lo scopriranno dopo essersi conosciuti all’aeroporto con uno scontro parecchio rocambolesco. Da quel momento tra equivoci e malintesi entrambi finiranno sulla lista “no fly”, dovranno rinunciare al volo e salire a bordo di una macchina noleggiata, imbarcarsi in un lungo viaggio coast to coast e arrivare entro il venerdì a L.A. Lungo il tragitto si imbatteranno in funerali sul Grand Canyon, un pit stop a casa di una venditrice di marijuana, confessioni a cuore aperto, sospetti di tradimenti e perfino una fuga dalla frontiera con il Messico.

un aspirante attore in cerca di guai che porterà entrambi ad essere cacciati dell’aereo e messi su una lista di passeggeri non graditi. Come se non bastasse i bagagli di Peter, il suo portafoglio e la sua carta d’identità intanto prenderanno il volo senza di lui. Senza alcuna alternativa possibile, Peter si ritroverà costretto ad accettare un passaggio da Ethan e dal suo cane Sonny in quello che diventerà un viaggio coast to coast, in cui andranno distrutte varie automobili, ridefinite le amicizie e, soprattutto, verranno messi a dura prova i nervi di Peter. Ethan Tremblay (Zach Galifianakis), è un aspirante attore, gay (un po’ troppo stereotipato nel doppiaggio italiano), nevrotico e rompiscatole in viaggio verso Hollywood, ed è il personaggio che sorregge quasi tutto il film.

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 18/02/2011 al 20/02/2011 12 146.753 2.190
dal 11/02/2011 al 13/02/2011 7 379.537 2.168
dal 4/02/2011 al 6/02/2011 6 739.309 2.738
dal 28/01/2011 al 30/01/2011 4 1.468.181 5.397

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2 commenti

  1. zonavenerdi

    Il film è senz’altro simpatico, ma forse non rende giustizia al mondo glbt. Comunque se visto solo per farci qualche risata, può andare bene lo stesso. Ma non abbiate pretese da questo film, perchè molto di più non può dare …

  2. il film per essere simpatico è simpatico, anzi direi piuttosto ben riuscito, ma… da cosa si dedurrebbe che Ethan è gay? A parte la doppiatura italiana un po’ “stereotipata” come dite voi. Non capisco davvero, non c’è neanche un riferimento alla sua sessualità nel film, e anche ci fosse e me lo sono perso doveva essere talmente sottile e minimo da non poter proprio meritare ben due G…

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CRITICA:

“Architetto nevrotico (Robert Downey Jr., qui antipatico) deve raggiungere Los Angeles in macchina dopo che un folle (Zach Galifianikis) l’ha fatto cacciare dall’aereo in partenza. I due dovranno unire le forze. Dopo la sbornia di Una notte da leoni (commedia sconcia da record d’incassi a Hollywood) arriva il giorno della lucidità per l’ex documentarista Todd Phillips, ora regista acclamato. Ecco allora Parto col folle, omaggio sentito, ma col freno a mano tirato, al buddy movie on the road Un biglietto per due (1987) in cui Steve Martin veniva perseguitato dall’esuberanza del compianto John Candy di cui si ritrovava la mano tra le natiche durante un risveglio in albergo passato alla Storia. Era un gran film.
Questo ha momenti di felicità come quando l’aspirante attore Galifianikis si produce in un monologo dal Padrino a casa della sua spacciatrice di marijuana. L’amante di lei (lo stesso Phillips), colpito, ne chiede l’origine: «L’ha scritto la mafia» risponde fiero Ethan. Fondamentalmente il mattatore è lui: il folle trasporta le ceneri del padre, si masturba insieme al suo cane, ha un nome d’arte (Ethan Trembley) meno accattivante di quello all’anagrafe (Ethan Chase) ma ha un cuore grande così. Quando l’architetto si troverà in prigione in Messico, chi pensate che lo aiuterà a fuggire?
Phillips punta ancora sul cameratismo maschile come in Old School, Starsky & Hutch e nel suo primo successo Road Trip. La sua è una comicità in cui la donna è subordinata e la vita adulta è vista con enorme diffidenza. Se dovesse fare un viaggio, partirebbe in quarta con il folle.” (FRANCESCO ALÒ, Il Messaggero)

Uomo d’affari in dolce attesa (la sua compagna, non lui…) deve accettare un passaggio da un fricchettone fuori di testa. Tipico schema da commedia sofisticata: i due non si pigliano, poi si alleano. Downey jr. tenta di salvare la baracca, ma non è facile. (L’Unità – voto 2/5)

Robert Downey Jr è interprete straordinario, sempre capace di conferire qualcosa in più al personaggio di turno: una mobilità emotiva, un’inquietudine, un dolore diciamo anche, che arrivano a umanizzare perfino super eroi ingabbiati in corpi macchina come Iron Man; e che dire del suo survoltato, ironico Sherlock Holmes (di cui, a proposito, arriverà presto il secondo capitolo)? Tuttavia c’è un ruolo che si stenta ad attribuirgli, ed è quello di uomo comune. Parto col folle fa proprio questa scommessa: il folle non è lui, è l’altro, il compagno di viaggio Zach Galifianakis, ben calato nella parte di un aspirante attore, gay, nevrotico e rompiscatole che viaggia verso Hollywood. Dal momento che lo incrocia sulla sua strada l’architetto Downey, ansioso di rientrare a Los Angeles per presenziare al parto della moglie, gliene capitano di tutti i colori: sospetto di terrorismo, incidenti d’auto, scazzottate, arresto per droga. Ora, ci saranno spettatori disponibili a trovare la cosa divertente, altri (fra cui chi scrive) che si faranno prendere dall’irritazione: non è possibile che il protagonista persista nel lasciarsi intrappolare da un figuro che gli mette a repentaglio la vita. Tuttavia il film è realizzato con buon piglio di regia; e a ben vedere Downey qui fa il doppio salto mortale di impersonare un uomo normale in modo tale da far intuire come in fondo non lo sia affatto, di qui il legame che instaura con il pazzerellone. E forse il motivo per cui lo spettatore, pur irritato, non fa pollice verso, sta nel misterioso messaggio subliminale trasmesso dall’attore. (A.L.Kezick, La Stampa – Voto 3/5)

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