Il film, girato nel carcere di Rebibbia, racconta le storie d´amore di tre detenuti. Mauro e la sua compagna si incontrano una volta alla settimana insieme alla loro bambina e anche lei finisce per sentirsi reclusa. Fatima ama un detenuto del suo stesso carcere, ma, nonostante la vicinanza fisica, è come se fossero ancora più lontani. Angelo è un omosessuale che ha vissuto una tenera storia d´amore con un altro carcerato che tornato in libertà ha rinnegato il passato e si è messo con una donna. Per lui l´amore gay era normale solo dietro le sbarre.
Girare un film nel carcere, dovendo rispettare regole e divieti non è stato semplice. «Nonostante la disponibilità delle autorità di Rebibbia – raccontano gli autori – ci siamo mossi in uno spazio ristretto; le interviste avvenivano sotto lo sguardo delle guardie, il che spingeva i detenuti a recitare. Nel film abbiamo cercato di ricreare questa atmosfera e per questo le emozioni sono raffreddate e spesso troncate, come lo sono nella vita dietro le sbarre. Ma certe dinamiche amorose sono universali. Il carcere impedendo l´espressione della sessualità e negando il contatto fisico non fa che accentuare la paura che l´altro non provi ciò che provi tu». (Franco Montini, La Repubblica)
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