Quando il cinema diventa poesia, anzi, un poema per immagini. Veramente un peccato che questo grande autore, oggi 63enne, abbia prodotto così poche opere, anche se tutte di notevole valore artistico. In questo docu-film, ma chiamarlo documentario è veramente riduttivo (senza nulla togliere al genere), Davies ci presenta la sua visione di una città, del suo tempo, dei suoi abitanti, della sua storia e della sua memoria, in un grande e toccante affresco personale e universale nello stesso tempo. Una canzone d’amore ma anche un panegirico per Liverpool, che diventa una città del mondo, emblema di una umanità sofferente o gaudente, piena di contraddizioni e di differenze. Vediamo la sua grandezza imperiale negli anni ’50 e ’60 sottolineata dalla colonna sonora della “Musica per i reali fuoci d’artificio”, che sembra arrivare fino ai nostri giorni visti dall’interno della maestosa St. George’s Hall. Ma tutto questo è subito messo a confronto con la miseria dei sobborghi, dei bambini nelle strade, delle casalinghe. Ieri e oggi, la cultura popolare e quella altolocata, la passione della carne e la vergogna. L’autore prosegue il suo viaggio autoriflessivo nella memoria, partendo dalla sua infanzia (un litigio con un compagno di classe) poi dalla sua adolescenza, che vede la sofferta costruzione del suo ateismo (contro un Dio cattolico che semina più paura che amore), la scoperta dell’omosessualità (la passione per gli scontri di wrestling del sabato pomeriggio), il tutto sempre nella cornice di una varia umanità che popola i quartieri di Liverpool. Il contrasto tra l’artista ancorato al passato e il mondo che si evolve è vissuto dall’autore senza reticenza. Egli si guarda indietro con passione, “quando tutto il mondo era giovane e non c’erano limiti” dice, consapevole che succede lo stesso anche ai giovani di oggi.
Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Condividi