Divertente opera prima di Michela Andreozzi, tutta centrata sul tema della maternità e della famiglia, quest’ultima considerata in tutte le sue varietà. Spiega Michela: “Volevo raccontare la famiglia. E sono partita dalle donne. Volevo fare il punto su dove sono arrivate, cosa vogliono, cosa sono disposte a fare. Che rapporti hanno con le altre donne, con gli uomini; alla fine è venuto fuori un film sulla famiglia forse perché la famiglia per me è la radice del mio albero. E volevo raffigurare queste famiglie per come le vedo: per quanto possano essere non tradizionali sono reali esistono e hanno il diritto di esistere.” Due donne di oggi, due sorelle, due modi diametralmente opposti di stare al mondo: Livia e Tina entrambe sulla quarantina, tanto unite quanto diverse. Livia (Claudia Gerini) è una violoncellista bella e sfrontata, dall’anima rock. Modesta, detta Tina (Michela Andreozzi), è un timido vigile urbano che ha messo da parte la laurea per il posto fisso. Entrambe hanno un compagno: Livia convive con Fabio (Giorgio Pasotti) un osteopata dolce e carismatico, Tina con Gianni (Lillo) un collega ordinario e intollerante.
Livia difende da sempre la sua posizione di donna che non desidera avere figli, mentre Tina tenta da anni di restare incinta, senza risultato: quando Tina, dopo tanti tentativi inizia a perdere la testa, Livia, consigliata dall’amico ginecologo, l’audace Nicola (Stefano Fresi), decide di portare avanti una gravidanza per lei. Nei successivi nove mesi, Livia dovrà nascondere la pancia crescente, mentre Tina fingerà di essere incinta, dando vita a una serie di situazioni tragicomiche che coinvolgeranno anche la famiglia di origine: una mamma campionessa di ragù, un padre idealista e sognatore, un fratello neocatecumenale con moglie devota e quattro figlie femmine… Nel film, appena in secondo piano, c’è anche una famiglia gay, il ginecologo Nicola (Stefano Fresi) sposato col compagno Manfredi (Massimiliano Vado) e con due figli (adottati in Canada), una condizione che non viene proposta nè come portabandiera ma nemmeno come una situazione ridicola. Pregio dell’opera, non sempre allo stesso livello, è sicuramente quello di aver evitato qualsiasi macchiettismo, riuscendo comunque a divertire su un tema di grande attualità, visto da un’angolazione assai meno drammatica di quella proposta nel film “Una famiglia” di Riso.
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