Terzo film di Duncan Jones, figlio di David Bowie (cresciuto da una tata anch’essa deceduta), forse un passo falso dopo i buoni film precedenti (soprattutto Moon del 2009). Ambientato come Blade Runner a metà dell’attuale secolo (ma potrebbe svolgersi anche oggi o 90 anni fa, nella Berlino hitleriana) ne mette in scena le stesse cupe atmosfere, in una società sempre più degradata, dove regnano ancora loschi e feroci trafficanti. Il protagonista è Leo Beiler, interpretato da un ottimo Alexander Skarsgård (del quale ci siamo innamorati per l’Eric Northman di True Blood) che qui riesce ad esprimersi molto bene anche senza la voce. Leo è muto per colpa di un incidente in barca che i genitori Amish non hanno voluto curare (ci avrebbe pensato Dio). Coerente coi principi della sua famiglia, Leo è contrario alle moderne tecnologie (utilizzate nel film solo per stupire lo spettatore, come ad esempio i droni che consegnano i pranzi o la telefonia integrata negli elettrodomestici), non ha il cellulare, non utilizza mezzi di locomozione e non possiede la televisione (ma ormai è presente ovunque con pubblicità massacranti). Lavora come barista in un club di Berlino dove s’innamora della bella cameriera che però sparisce all’improvviso. Il film diventa quindi la solita caccia per ritrovare l’amore perduto, mentre in parallelo seguiamo anche le vicende di due strani personaggi e della loro ambigua amicizia (ad un certo punto si fingeranno una coppia gay), Cactus (un tremendo Paul Rudd, tutto l’opposto di quello di Modern Family) e Duck (un irriconoscibile Justin Theroux) due chirurghi al servizio della mala. I riferimenti gay nel film sono diversi, compreso Luba (Robert Sheehan), un prostituto gay (che all’occorenza s’addobba con protesi femminili) che aiuterà il nostro eroe. Luba è inserito nel poster del film con buona evidenza. Due ore che non lasciano il segno, nonostante ottimi interpreti e (sprecati) dialoghi tarantiniani, colpa di una sceneggiatura poco mordente, con tematiche varie solo accennate. Disponibile su Netflix.
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