Ale (una strepitosa Camila Sosa Villada) è un trans 28enne che vive in una baraccopoli di Buenos Aires, la Aldea Rosa, vicino all’Universtità, tra il fiume e il bosco, abitata soprattutto da gay e travestiti, minacciati continuamente di sgombro dalla polizia. Vengono chiamati “Cartoneros”, sono persone che vivono ai margini della società sostenendosi con la raccolta di materiali riciclabili dai rifiuti, come carta e lattine. Un giorno Ale, durante uno dei suoi giri di raccolta, trova nella spazzatura una scatola che contiene, tra altre piccole cose, anche un diario e delle foto. Ale legge con difficoltà ma riesce a capire che apparteneva ad una donna chiamata Mia, suicidatasi all’età di 30 anni. Le fotografie e le pagine del diario dedicate quasi tutte alla piccola figlia di Mia, commuovono Ale così tanto da indurla a cercare questa bambina per consegnarle il diario della madre. Incontra così la famiglia di Mia, composta da Julia, la figlia di dieci anni, e da Manuel, il padre 35enne, completamente distrutto dal dolore per il suicidio della moglie, e pieno di preoccupazioni per la figlia. I tentativi di Ale di avvicinarsi a queste due persone per comunicare loro quanto scritto da Mia, vengono inizialmente respinti. Ale decide quindi di portare avanti una segreta amicizia con Julia. Nel frattempo i racconti e i pensieri di Mia diventano quasi un’ossessione nella vita di Ale, che matura sempre più la consapevolezza di diventare una vera donna e una madre, cercando di trasformare i sogni in realtà. Ci sarà una strada per arrivare a questo? L’intimità e la solidarietà che ha sperimentato vivendo coi ‘cartoneros’ diventano per lei di grande aiuto. Riuscirà a far capire a Manuel e a Julia che l’amore può avere diverse forme e appartenenze? Intenso e commovente secondo lungometraggio del regista argentino Javier Van de Couter, premiato per la sceneggiatura al Festival Internacional de Cine de La Habana e inserito tra le “rivelazioni” del 60mo Internacional Filmfestival di Mannheim. Il regista ha dichiarato che dopo aver girato il film si sentiva più militante che regista, proprio per i forti temi sociali che la storia affronta, come la discriminazione, l’intolleranza, l’emarginazione, e la capacità di contrastarli grazie all’infinita capacità d’amore dell’essere umano.
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