Master and Commander - Sfida ai confini del mare

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Master and Commander - Sfida ai confini del mare

Nell’epoca delle guerre napoleoniche la nave del Capitano “Lucky” Jack Aubrey, molto noto nella Marina Britannica per il suo ardore e la sua energia nell’affrontare i nemici in battaglia, viene attaccata da un potente nemico. Jack “Lucky” Aubrey si troverà dinanzi ad una difficile scelta: portare in salvo la nave danneggiata e quel che resta della ciurma decimata oppure proseguire nell’impresa di catturare il pericoloso nemico. Da questa missione dipenderà la sua reputazione e la salvezza di tutto l’equipaggio. Il suo avventuroso viaggio lo porterà dalle coste del Brasile sino alle burrascose acque di Capo Horn, per proseguire tra le distese di ghiaccio del polo sud e le desolate spiagge delle Isole Galapagos…. Nel film la relazione tra i due protagonisti, sottolineata dall’ottima alchimia fra i due attori, ha chiare implicazioni omosessuali. Tutto il film, bello già di per sè , gira attorno all’ambiguo rapporto tra il capitano della nave (Crowe) e il suo medico (Bettany), ambiguità sottolineata anche dal comportamento dell’equipaggio. (I.B.)

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In April 1805 during the Napoleonic Wars, the H.M.S. Surprise, a British frigate, is under the command of Captain Jack Aubrey. Aubrey and the Surprise’s current orders are to track and capture or destroy a French privateer named Acheron. The Acheron is currently in the Atlantic off South America headed toward the Pacific in order to extend Napoleon’s reach of the wars. This task will be a difficult one as Aubrey quickly learns in an initial battle with the Acheron that it is a bigger and faster ship than the Surprise, which puts the Surprise at a disadvantage. Aubrey’s single-mindedness in this seemingly impossible pursuit puts him at odds with the Surprise’s doctor and naturalist, Stephen Maturin, who is also Aubrey’s most trusted advisor on board and closest friend. Facing other internal obstacles which have resulted in what they consider a string of bad luck, Aubrey ultimately uses Maturin’s scientific exploits to figure out a way to achieve his and the ship’s seemingly impossible goal. (Imdb)

CRITICA:

“Raccontando la sfida sui mari al centro del romanzo ‘Ai confini del mondo’, ma recuperando elementi e personaggi da altri dei 19 romanzi di marina di Patrick O’Briall, una delle saghe moderne di maggiore successo, l’australiano Peter Weir ha confezionato un film praticamente perfetto. (…) La violenza brutale delle battaglie si alterna ai lunghi mesi di solitudine e privazioni di uomini preda della furia del mare e di quella umana, in un racconto fatto di immagini terse e bellissime. Una ricostruzione di accurato splendore pittorico, capace di offrire allo spettatore l’illusione di un realistico seppur fantastico viaggio in un’epoca lontana, quando dovere ed amicizia erano valori indiscussi. E fa francamente piacere che l’ottima partenza al botteghino americano abbia fugato i timori di Weir e del suo cast che non esistesse più un vasto pubblico per prodotti cinematografici di qualità.” (Claudio Masenza, ‘Ciak’)

“Tratto dalla saga letteraria di Patrick O’Brian, ‘Master & Commander’ segue la scia del grande romanzo di mare alla Melville, con risvolti psicologici che evocano certe pagine di Conrad (il che non gli impedisce di essere un film movimentato e pieno d’azione). Saldamente al timone, Peter Weir si prende il tempo necessario per una narrazione di largo respiro, che non ha nulla a che vedere con il videogame piratesco di cui sopra. Gli effetti speciali sono accurati, ma piuttosto cancellati che esibiti alla percezione dello spettatore; mentre il regista preferisce concentrarsi sul personaggio di Crowe e sul suo itinerario iniziatico, dove scontri e battaglie sono soprattutto le prove che questi deve affrontare per crescere di statura morale. Ligio alle superstizioni marinaresche, Weir non imbarca nell’impresa nessuna donna; il che non dovrebbe tuttavia pregiudicare i consensi del pubblico femminile, dato che l’identificazione filmica funziona – per sua essenza – indipendentemente dal sesso dei personaggi. Se il film ha una struttura narrativa classica, la modernità torna fuori nell’epilogo, che lascia intuire possibili sèguiti. Ma prima di allora, con ogni probabilità, di ‘Master & Commander’ sentiremo riparlare agli Oscar .” (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’)

“Visto che lo scrittore O’Brian (1914-2000) disprezzava il cinema, è un peccato che sia morto prima di vedere questa mirabile sintesi della sua gigantesca fatica letteraria. Avrebbe certo cambiato idea perché ‘Master & Commander’ è senza dubbio il più allucinante film di scontri navali realizzato finora. Siamo di fronte a una metafora della guerra, valida in terra e in mare per ogni tempo e Paese ma collocata in una cornice storica iperrealista. Pur avvalendosi di tutte le astuzie della tecnologia, Weir si sforza di far dimenticare la presenza degli effetti speciali descrivendo le fasi di una navigazione perigliosa dalle coste del Brasile fin oltre il Capo Horn. I marinai affrontano le nebbie e le tempeste, la frustrazione delle sconfitte e l’euforia delle vittorie, le cannonate in arrivo e le violenze del corpo a corpo; e il piccolo apprendista soffre con loro il mal di mare, le angosce della claustrofobia, la durezza della disciplina, l’orrore delle operazioni senza anestesia, la tragedia finale dei corpi cuciti nei sacchi da buttare nell’oceano. Non nascondendo le iatture che comporta, il film sembra dire: la guerra è quella che è, ai tempi di Napoleone come in Iraq c’è sempre stata e tanto vale farla bene. Niente di idealizzato né di politicamente corretto, anche se l’ossessione combattentistica del formidabile Crowe è temperata del sommesso controcanto umanitario del medico Paul Bettany in un duetto che ogni tanto li vede dialogare l’uno al violino e l’altro al violoncello. Peter Weir firma un monumentale film epico e stoico, che regala emozioni e non smercia bugie. Una nave dei folli in viaggio verso gli Oscar .” (Tullio Kezich, ‘Corriere della Sera’)

“Grande, grande. ‘Master & Commander – Sfida ai confini del mare’ di Peter Weir, tratto dal romanzo di Patrick O’Brian pubblicato da Longanesi, non è soltanto un bellissimo film d’avventure di guerra e di mare: è pure etico e romantico, una lezione alla puerilità e alla cialtroneria della maggior parte del cinema corrente, un’evocazione affascinante di valori desueti (coraggio, patriottismo, senso dell’onore e del dovere, bravura, disciplina, amicizia virile), un’esaltazione del gusto del comando e del piacere di obbedire a un capo ammirato, rispettato. (…) Durante il viaggio, c’è quanto non manca in ogni film di avventure marinaresche: morti, mutilati e feriti, la memoria degli eroi, i ragazzini allievi ufficiali o mozzi sempre presenti sulle navi inglesi, discorsi sul nemico, frustate inflitte al marinaio irrispettoso, pericoli del mare in burrasca, luoghi incantati come le isole Galapagos, l’amputazione di braccia o gambe, il suicidio per acqua di chi non ce la fa, il linguaggio enigmatico. Son cose già viste molte volte. Mai realizzate così bene, con una maestrìa cinematografica degna del regista australiano sessantenne Peter Weir, con una rara accuratezza di ricostruzione storica. Il kolossal niente affatto pretenzioso né retorico guarda le battaglie per quello che sono: massacri. Non vittimizza né esalta, non altera il coraggio in crudeltà né la paura in viltà. Fanno parte del fascino profondo del film, recitato bene (non benissimo) da Russell Crowe, due elementi divenuti per gli spettatori contemporanei esotici, remoti: gli impeccabili valori produttivi e, all’opposto della vita comoda confortevole, il realismo con cui è descritta la vita scomoda e dura dei marinai.” (Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’)

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