Arriva poco dopo il bellissimo documentario su Mapplethorpe di Fenton Bailey e Randy Barbato (Mapplethorpe: Look at the Pictures), questa opera prima di fiction della documentarista affermata Ondi Timoner sulla vita dell’artista Mapplethorpe. Un’impresa difficile che deve la sua riuscita soprattutto all’ottimo protagonista Matt Smith (“Doctor Who” e “The Crown”) e un po meno ad una sceneggiatura troppo tradizionale e piatta, poco adatta ad un soggetto così rivoluzionario. Il vantaggio è che ci troviamo davanti ad un film che forse non ci dice nulla di nuovo ma che è facilmente assimilabile da un vasto pubblico. Il film, presentato al Tribeca Film Festival 2018, sta vincendo infatti il premio del pubblico quasi in ogni festival dove viene presentato (Austin, Long Beach, Oslo, Atlanta, Sidewalk Film Festival, ecc.). Il film inizia con Robert (Matt Smith), alla fine degli anni ’60, che sembra innamorarsi di Patti Smith (Marianne Rendón) con la quale si trasferisce al Chelsea Hotel di New York (ma lo vediamo già girovagare in cerca di ragazzi leather). I suoi genitori non erano molti soddisfatti della carriera fotografica che voleva intraprendere ma sono contenti quando lo vedono arrivare a casa per le vacanze con la fidanzata Patti. In realtà il sodalizio con Patti non dura molto, lui l’aveva supplicata: “se mi lasci diventerò gay”. Dopo l’abbandono di Patti, Robert sembra darsi alla pazza gioia, scopando praticamente con tutti i ragazzi che incontrava. Ma non dimentica il suo principale interesse, la fotografia. Dopo che uno dei suoi amanti e futuro patron, Sam Wagstaff (John Benjamin Hickey), il ragazzo nero dalla bellezza folgorante che aveva in mezzo alle gambe “la cosa più bella che avesse mai visto”, gli regala una fotocamera da professionisti, abbandona la sua vecchia polaroid e inizia a costruirsi un portfolio assai interessante. Sam lo vorrebbe meno promiscuo ma deve chiudere un occhio anche perchè convinto delle sue abilità nella fotografia. E’ soprattutto il modello professionista David Croland (Thomas Philip O’Neill) che gli permette immagini di un erotismo estremo, mostrando come ormai Robert sia pienamente convinto dei suoi interessi sessuali.
Robert fa fotografie che in quegli anni nessuno avrebbe osato fare e anche le gallerie fotografiche faticano ad inserirlo nelle loro mostre (riescono a metterlo solo in piccole stanze isolate).
Peccato che il basso budget del film (è stato girato solo in poco più di due settimane) permetta un’ambientazione un po’ povera e con fondali non sempre efficaci. Ci ricompensano comunque le tante belle immagini di foto dell’artista (con anche qualche tentativo riuscito di farcene comprendere la genesi) e soprattutto, ripetiamo l’interpretazione viva e credibile di Matt Smith, capace di farci intravvedere anche le insicurezze e le contrastanti emozioni dell’uomo Robert, una persona senz’altro ego-centrica (obbliga il fratello, anch’egli appassionato di fotografia e suo assistente, a non utilizzare il suo cognome), ma anche capace di sincero altruismo come quando lancia una fondazione per finanziare nuovi fotografi o la ricerca sull’Aids. Aids che purtroppo ce lo porta via a soli 42 anni nel 1989. Il film verrà distribuito negli USA da marzo 2019.
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