La mandragora è una pianta che, secondo la leggenda, nasce sotto alle forche, nutrendosi dei liquidi fuoriusciti dagli impiccati. Vita che nasce dalla morte, già malata, già condannata in partenza. Come la mitica pianta molti ragazzi e bambini, sono oggi costretti con violenze e ricatti a prostituirsi nelle strade delle città dell’Est Europa, abbandonati dai genitori, perseguitati dalle autorità, spinti nelle mani di pericolosi turisti sessuali provenienti dall’Europa occidentale e dagli USA. Con la caduta del comunismo e l’affermarsi di un aggressivo consumismo di massa, Praga è diventata un potente polo di attrazione per i cecoslovacchi di provincia, che qui arrivano in cerca di fortuna, uno di questi è il bel quindicenne Marek (ben interpretato da Miroslav Caslavka), che dopo essere stato rimproverato dal padre, decide di scappare dall’odiato paesino natale e di raggiungere la capitale, dove in un crescendo di sofferenze, troverà la morte. Il regista polacco Wiktor Grodecki è molto interessato al problema della prostituzione minorile, visto che Mandragora è il suo terzo lavoro sull’argomento (dopo i documentari-inchiesta “Not Angels butAngels” e “Body without soul”). Mandragora è appunto un film-denuncia, e questo fatto, da un lato apprezzabile, dall’altro nuoce alla godibilità del film, che pur essendo ben fatto e ben recitato, risulta alla fine artificioso e ripetitivo, pur sapendo che gran parte dei fatti narrati sono realmente avvenuti ai ragazzini intervistati dal regista nei suoi precedenti lavori. (Rob. Mar.)
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Un viaggio all’inferno… la cosa che mi viene da chiedermi dopo aver visto questo film è: ma l’umanità fa veramente così schifo?
Un film ben fatto e interessante, ma che lascia un senso di disperazione assoluta.
Una discesa a spirale in un mondo squallido e perverso, il viaggio di un anima pura nei gironi della dannazione e del degrado umano. Film di una tristezza abissale, senza speranza.