Varie
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SINOSSI:
“Pensateci, dal Colosseo romano, dove c’erano solo posti in piedi… alle folle a Parigi che venivano a vedere la ghigliottina, gli uomini sono sempre stati affascinati dalla morte e, cosa più importante, dal fatto di assistere alla morte”. Katy, da Live!
LIVE! racconta la storia della dirigente televisiva Katy Courbet (Eva Mendes) e del programma televisivo di maggior successo nella storia della televisione americana.
Ossessionata dagli indici di ascolto e dalla competizione con gli altri network sul terreno dei reality show, Katy Courbet concepisce il reality più estremo mai pensato prima: il gioco della roulette russa in prima serata. Katy Courbet dovrà però lottare con determinazione per difendere il suo format, dovrà forzare le leggi e le interpretazioni della Costituzione, convincere gli inserzionisti pubblicitari e vincere le resistenze dei dirigenti del network, prima di riuscire a mandare il suo show in onda.
Finalmente nello studio di Live! si accendono le telecamere: tra centinaia di candidati che si sono presentati ai casting, sono stati selezionati sei concorrenti che per denaro, per fama o semplicemente per provare delle sensazioni forti sono disposti a rischiare la vita.
Per cinque di loro ci sarà la ricchezza, per uno invece la morte in diretta TV. (Moviemax)
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Recensione di Gaia Borghesi:
Titolo un po’ anacronistico per un film che porta in primo piano ciò che tutti noi temiamo di più, ma da cui siamo anche inspiegabilmente affascinati: la morte. Per salvare le sorti del network televisivo per cui lavora, Katy Courbet (Eva Mendes) e il suo team decidono di puntare sugli ascolti, cercando di capire cos’è che la gente vuole vedere in TV. Ciò che emerge è tanto triste quanto sconvolgente: i telespettatori d’America (e del mondo in generale) amano i reality show e restano incollati al televisore quando la vita di qualcuno è in pericolo, tanto che anche i telegiornali stessi stanno dando più spazio ad inseguimenti, sparatorie e salvataggi in diretta. A dire il vero, questo dato non sorprende molto: dal Colosseo al patibolo la gente ha sempre pagato (e tuttora paga) per assistere alla morte di qualcuno… segue
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Recensioni:
“Rozzo, superficiale, grossolano. Sgradevole. Affonda nella melma che ha l’aria di stigmatizzare con il trucco di proporsi come (finto) reportage. Spinto fino a chiudersi sulla dedica “alla memoria di Katy Courbet”, cioè il personaggio assatanato di Eva Mendes. (…) Di certo qualcuno sosterrà invece lo spessore di un vibrante apologo.” (Paolo D’Agostini, ‘la Repubblica’, 06 marzo 2009)
“Concentrata sull’idea forte, la trama sbanda negli sviluppi: ciance bollite su ipocrisia e libertà di espressione, banalità di marketing e teleproduzione spacciate per intuizioni geniali e si va in onda – 5 pallottole per 6 morituri su pedane/caricatore – senza immaginare che il suicida potrebbe restare ultimo o quanto sia rischioso armare gli esaltati. Share oltre il 50%, battuto il Super Bowl. Poiché scrive e dirige un premiato documentarista, riecco il consumato espediente della telecamera a mano. Poiché trattasi di sottosottomoralista film yankee, il finale sarà non solo pentito (‘Mio Dio, cos’ho fatto?!’), ma anche punitivo. Da noi, trovare una conduttrice cinica/vera, intalpita tra amici, o isolata in fattoria, era un attimo.” (Alessio Guzzano, ‘City’, 06 marzo 2009)
“Girato come un finto documentario, tutto in soggettiva da un filmaker destinato anch’egli a vendersi l’anima, il film-medium ha il difetto-base di confondersi col messaggio, utilizzando lo stesso sensazionalismo viscerale, per cui è facile, per lo spettatore, fare i conti morali con una materia pericolosa, contagiosa e così attuale. Può darsi che si sia già al settimo potere (quello incontrollato di YouTube), intanto è chiaro che si parla di qualcosa che ci riguarda da vicino.Due domande: perché la signorina tiene nel suo ufficio il poster di ‘La dolce vita’? E non sa che nella roulette russa si fa girare ogni volta il tamburo della pistola, non ha visto il cacciatore? Sono peccati veniali in un documento d’ipertensione filmica e socio-arteriosa diviso equamente in due terzi di preparazione, con liti in ufficio sull’etica video, e uno di show in cui l’adrenalina vince. Ma è proprio questo schema elementare, spesso vicino al ridicolo, che finisce nell’annunciata coscienza, il limite dell’ operazione, il suo essere trash nel senso di materiale grezzo, non lavorato psicologicamente: gli manca un po’ di distacco.” (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’, 6 marzo 2009)
“Il film li racconta attraverso falsi spot e biografie che ricordano in modo sinistro le campagne elettorali americane, sia quelle viste al cinema, sia quelle reali. Dove il film convince molto meno, è nella messinscena dell’immaginaria rete tv (anche il funzionamento del reality, così come lo si vede nel film, è inverosimile: visto che c’è una sola pallottola in una pistola a tamburo, che succederebbe se il primo concorrente la trovasse e si sparasse in testa.. . in barba agli altri 5?) e nel vetusto espediente di far seguire Katy da un’onnipresente videocamera che registra tutti i suoi movimenti, e che quindi sta ‘girando’ il film stesso che stiamo vedendo. Dopo ‘Truman Show’, ‘Ed TV’ e il recente, clamoroso ‘Coverfield’ simili espedienti narrativi andrebbero proibiti.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 6 marzo 2009)
“Da un cineasta ammirato e 5 volte candidato all’Oscar (con due vittorie) per i corti documentari, un film che condanna il cinismo del mondo televisivo con controllata freddezza. Sempre più efficace con lo scorrere dei minuti (ottimi gli attori) e con Eva Mendes che sovverte la sua immagine sex symbol per diventare una femme fatale che seduce senza sesso, ma solo con il profumo del successo. Brava e coraggiosa. Molto poco visto negli Usa. Forse hanno avuto paura del loro, nostro, futuro.” (Francesco Alò, ‘Il Messaggero’, 6 marzo 2009)
–ATTENZIONE PRESENTE FINALE NEL MIO COMMENTO —
Immaghinate di essere dietro le quinte di una tv in cui si cercano idee per fare dei programmi che spostano il limite del visto sempre un pò iù in là; finchè si arriva al confine col reato. In questo caso decidono di fare un reality che ha la stessa dinamica di una roulette russa: sei concorrenti, i cinque che si salvano avranno due milioni di dollari, i familiari del morto nulla. Seguono le polemiche per la messa in onda del programma e il successo quando finalmente va in onda legato alla morbosità dei telespettatori che regala ascolti stratosferici. Ma il vero colpo di scena è il finale; dove colei che si era data anima e corpo per il progetto prima ha un senso pentimento quando ha visto accadere l’inevitabile e cioè la morte di un concorrente Ipocrisia allo strato puro) e poi quando si presenta alla platea di giornalisti scatenati per farsi intervistare viene sparata da un uomo a cui evidentemente non piaceva il suo operato. Film che parla sia dell’estremismo a cui ci può arrivare nella ricerca di un programma di successo, sia di quello che si può fare per un’apparizione tv o per guadagnare soldi facili. L’idea è buona, ma non si può ignorare che se il primo colpo era quello giusto lo show finiva appena iniziato …
Film che offriva molti spunti che non sono stati sfruttati adeguatamente.
I media, la vita privata dei partecipanti e della troupe, il giocare con la morte per l’ossessione del denaro potevano essere approfondoti meglio. Anche le figure del messicano e dell’ex modella, per quanto interessanti, potevano far emergere la visione dell’omosessualità in televisione.
Neanche la sceneggiatura è convincente ma la suspense, seppur con colpi di scena quasi scontati, fa sì che il film sia guardabile per una serata; niente di più. Voto: 5.
trovo il film mlt reale … chi al giorno d’oggi nn farebbe di tutto xn il danaro?…