Il film si regge quasi completamente sulla doppia e mitica interpretazione di Tom Hardy, attore amatissimo dal pubblico gay per l’interpretazione di un macho omosessuale nel sottovalutato “Rocknrolla” di Guy Ritchie; poi ci ha deluso un po’ tutti, non per la risposta ma per l’arroganza, quando s’è arrabbiato con un giornalista che gli chiedeva se era gay (della serie la lingua batte dove il dente duole). Ma veniamo al film, che racconta, con una chiave assai originale (ma non del tutto), la storia dei gemelli Reggie e Ronnie Kray, due famosi criminali che operavano nella malavita londinese degli anni ’60. Su di loro era già stato fatto un film da Peter Medak , “The Krays” (1990), con i gemelli Martin e Gary Kemp (Spandau Ballet), un vero e proprio biopic che partiva dall’infanzia fino alla prigione a vita, con una parte di rilievo affidata alla madre (che invece in questo film appare solo di sfuggita mentre offre tè e torta ai ragazzi), ma che comunque non rivelava nulla delle storie gay dei due gangster. In questo film c’è qualcosa, anche rilevante, ma non tutta la verità. Dei due gemelli solo uno, Ronnie, si presenta come gay, con sfacciati coming out (per quei tempi) sia all’interno della mala che con la fidanzata di Reggie, Frances Shea (Emily Browning), la prima volta che l’incontra. Recentemente, un loro gregario, Freddie Foreman, oggi 83enne, ha dichiarato alla stampa (The Sun) che entrambi i fratelli erano gay ma che solo uno aveva avuto il coraggio di dirlo pubblicamente, ancora adolescente, mentre l’altro arrivò persino a sposarsi, per nasconderlo, senza però mai consumare il matrimonio. Foreman dice che “la povera ragazza veniva esibita come un trofeo, nulla di più”. Frances Shea si suicidò due anni dopo il matrimonio, almeno questa è la versione ufficiale, mentre molti affermano che fu uccisa da Ronnie per gelosia. Il regista, che ha tenuto come traccia il libro “The Profession of Violence: The Rise and Fall of the Kray Twins” di John Pearson, ha detto di avere evitato di mostrare i due gemelli anche come amanti perchè “ci sono solo due persone che potrebbero sapere la verità, loro stessi”. In effetti il film, che parte quando i due gemelli sono già affermati gangster che dirigono nightclub e sono in contatto con la mafia americana, mette al centro della storia proprio la vicenda sentimentale di Frances Shea, anzi è attraverso i suoi occhi che seguiamo e cerchiamo di comprendere il dramma dei due gemelli. Frances era la sorella minore dell’autista di Reggie, Frankie (Colin Morgan), e i due s’innamorano perdutamente al primo incontro. Il regista mette così in primo piano una figura che solitamente nelle storie di gangster resta sullo sfondo.
Reggie viene presentato come il più equilibrato dei due fratelli, cerca la ricchezza ma vorrebbe essere legittimato, usa la violenza solo per necessità (forte la scena in cui dice al fratello “ho ucciso lui perché non posso uccidere te”), mentre Ronnie è psicopatico, schizofrenico, appellativi dei quali si vanta, e la violenza ed il caos sembrano l’unica cosa che possano distrarlo dalla noia. Tom Hardy ne fa un’interpretazione al limite del grottesco, quasi comica, esagerandone i tic e gli atteggiamenti. La storia d’amore tra Ronnie e il suo lacchè Teddy Smith (Taron Egerton) è presentata in modo timido mentre dà più risalto alle orge gay che avvengono nel modesto appartamento di Ronnie, con politici famosi e aitanti. Quasi ironica la vicenda di Ronnie che fa amicizia col politico conservatore Lord Boothby (John Sessions), che inizia a frequentare le sue feste gay. La cosa arriva (con foto sui quotidiani) sino al Primo Ministro Harold Wilson (Kevin McNally) che però desiste dal prendere provvedimenti quando gli arriva la notizia che anche il laburista Tom Driberg è coinvolto.
La parte migliore del film, oltre all’interpretazione di Tom Hardy (dura la gara per stabilire quale dei due gemelli sia meglio interpretato), è senz’altro nella stupenda fotografia (Dick Pope) di una Londra anni ’60 e nella presentazione di un’epica malavita stile “Quei bravi ragazzi”, divisa tra violenza e romanticismo, a volte quasi comica nella sua istintiva brutalità.
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