Un film molto originale e poetico sulla separazione, sull’ironia e le contraddizioni della società moderna, sulla dissoluzione dei valori famigliari e sull’inquinamento globale. Un film sul dolore e la sofferenza delle persone che la vita ha costretto a vivere ai margini. Il tema forse più approfondito e meglio esplicitato è quello dell’incapacità e dell’inconsistenza delle relazioni umane. Nel film s’incontrano diversi mondi, quello reale dove i protagonisti vivono, quello che ognuno di loro sogna e quello dove vivono gli altri. Il film inizia con l’immagine di un uomo molto ben vestito che si sta preparando un giaciglio in un rifugio per senzatetto. Solo alla fine del film scopriremo la sua identità. Tra i personaggi che vediamo più di frequente sullo schermo ci sono un giovane che diventa un danzatore in un locale gay, un’addolorata donna di mezza età, un’amorevole e affamata nonna, un uomo di mezz’età che chatta su internet. Tutti sembrano non potersi adattare a questa società e conseguentemente decidono di immigrare su Marte. Prima di partire cercano di soddisfare i loro ultimi desideri terrestri. Il film, girato in modo quasi surreale, con pochissimi dialoghi e la cinepresa quasi sempre immobile, ci offre un affresco della vita delle bidonville di Seoul e della campagna che circonda la capitale coreana.
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