La Kryptonite nella borsa

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La Kryptonite nella borsa

Napoli. 1973. Peppino Sansone ha 9 anni, una famiglia affollata e piuttosto scombinata ed un cugino più grande, Gennaro, che si crede Superman. Le giornate di Peppino si dividono tra il mondo folle e colorato dei due giovani zii Titina e Salvatore fatto di balli di piazza, feste negli scantinati e collettivi femminili e la sua casa dove la mamma si è chiusa in un silenzio incomprensibile ed il padre cerca di distrarlo regalandogli pulcini da trattare come animali da compagnia. Quando però Gennaro muore, la fantasia di Peppino riscrive la realtà e lo riporta in vita, come se il cugino fosse effettivamente il supereroe che diceva di essere. È grazie a questo amico immaginario, a questo Superman napoletano dai poteri traballanti, che Peppino riesce ad affrontare le vicissitudini della sua famiglia e ad accostarsi al mondo degli adulti. “Superman, il personaggio che rimanda al titolo (la kryptonite è il minerale che può essere fatale al supereroe) «è l’accesso al mondo fantastico del bambino». Solo che il nostro Superman, gay e con le unghie smaltate, «in realtà è la vittima che non riesce a integrarsi e crede di essere un supereroe tra gli umani, dice parole incomprensibili a Peppino su quanto sia importante accettarsi per quello che si è»” (Valerio Cappelli sul Corriere).

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Questo film al box office

Settimana Posizione Incassi week end Media per sala
dal 25/11/2011 al 27/11/2011 16 53.867 1.584
dal 18/11/2011 al 20/11/2011 16 73.017 2.028
dal 11/11/2011 al 13/11/2011 14 162.051 1.705
dal 4/11/2011 al 6/11/2011 10 316.018 2.306

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7 commenti

  1. Blanchedubois

    E’ un film dove si vede una famiglia napoletana negli anni settanta. Tutti sono un po’ strani dagli zii hippy allo zio Superman (il Superman di Napoli) alla ragazza che aspetta il fidanzato al mare col costume. Tutti i personaggi rimangono impressi e alla fine ci scappa la lacrimuccia con lo zio Superman che finalmente si sente se stesso e completo.

  2. Avezzo di film a tematica glbt ,posso dire che egli ultimi anni ne sono usciti alcuni che attendavamo di vedere almeno dagli inizi degli anni 90 .E’ il caso del film di questo regista debuttante, che sebbene rappresenti alcuni personaggi e situazioni drammatiche in modo didascalico che possono richiamano terrificanti trame old style (la maestra oppressiva, gli zii hippy che ballano e fumano ma vittime del bigottismo interiorizzato,il gay morto suicida )il ritratto d’insieme un pò surreale è divertente , intelligente ed assolutamente moderno. Mi è piaciuto in particolare il finale delicato e con un messaggio profondo.

  3. E’ un film dolceamaro , assolutamente da vedere e rivedere se non altro per gustarsi l’atmosfera di Napoli(al di fuori delle cartoline e della munnezza) e degli anni 70. Cotroneo dirige gli attori in parti azzeccatissime tra la commedia dell’arte e l’esplorazione dell’essenza di se stessi. Un gran bel film, confesso che mi sono commosso^^

  4. Ho visto il film senza aver letto il libro. Mi è piaciuto. Pensavo fosse più divertente, in certi punti lo è, ma ci sono anche delle parti molto profonde. I nostri amici del sito l’hanno classificato con una g, ma in realtà ci sono anche delle donne che si baciano durante un collettivo femminista. Quindi per me è queer, dato il riferimento anche lesbico

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CRITICA:

“Ambientato con bella cura nella Napoli del 1973, racconta l’iniziazione alla vita (e alle sue contraddizioni) di un ragazzino di 9 anni, Peppino: il padre (Zingaretti) non sa nascondere la sua relazione extraconiugale causando la profonda depressione della madre (Golino), gli zii (Capotondi e De Rienzo) sembrano solo preoccupati di afferrare lo spirito del tempo (leggi: spinelli e amore libero) e al povero Peppino non resta che cercare nel fantasma di un amico (convinto di essere una reincarnazione di Superman, da cui il senso del titolo) una possibile guida esistenziale. Le ambizioni di Cotroneo si fermano abbastanza presto: il suo orizzonte cinematografico è la commedia regionalistica anni Cinquanta (sembra di ritrovare certe atmosfere monicel-comenciniane pre Boom, fatte di equivoci e gag, non di analisi di costume e di comportamenti) ma proprio questa coscienza dei limiti finisce per diventare il pregio maggiore. Il quadro d’insieme tiene, gli attori non vogliono mai strafare, la sceneggiatura scorre via senza intoppi (se si esclude l’insopportabile voce off iniziale che poi fortunatamente ma incongruamente sparisce). Niente di trascendentale, per carità, ma bisogna pur lasciare agli esordienti il tempo di crescere. Delude invece Zui Ai (Love for life) del cinese Gu Changwei che sceglie un tema anticonformista (la diffusione dell’Aids nella Cina rurale) ma lo declina nel più scontato dei sentimentalismi. Sorvola sulle ragioni del contagio (il commercio di sangue), cerca l’insolito (il film è raccontato da un ragazzo che muore dopo cinque minuti) e si perde dietro a una inutile storia d’amore adulterina.” (P. Mereghetti, Corsera – voto 2,5/4)

“… Sicuro delle proprie qualità e consapevole dell’attesa nei confronti di questo debutto, Cotroneo ha realizzato un film originale, furbo e tecnicamente ineccepibile: una pellicola divertente, trascinata da una indovinata colonna sonora e da una serie di trovate riuscite e interessanti. Se la fotografia vintage di Luca Bigazzi (“Pane e tulipani” di Soldini, “Lamerica” di Amelio, “Le conseguenze dell’amore”, “L’amico di famiglia”, “Il Divo”, “This must be the place” di Sorrentino) ammalia, a conquistare è anche la splendida Napoli che fa da sfondo alla storia, ben raccontata sia scenograficamente che nei costumi, colorati proprio come i protagonisti chiamati a indossarli. A una brava Valeria Golino, si affiancano un convincente Luca Zingaretti e una Cristiana Capotondi meno fastidiosa del solito. Una commedia commovente che racconta le avventure, i drammi e soprattutto il ridicolo di una famiglia speciale.”(nuovofilmstudio.it)

“…E’ proprio questo miscuglio di sentimenti, di semplicità, di colori e di emozioni la cosa più riuscita del film di Ivan Cotroneo, bravissimo nel restituire il lato sognante e un po’ psichedelico di quegli anni si mostra però un po’ incerto sulla direzione narrativa da intraprendere. forse per timore di tradire il romanzo o forse per paura di sbagliare il suo primo film da regista.
Il fulcro di tutto questo turbinio di emozioni è un superbambino intelligentissimo che tutti, familiari in primis, considerano un po’ un brutto anatroccolo, un bambino problematico, un alienato che sembra aver preso le distanze dal mondo che lo circonda per andare a rifugiarsi in un mondo fantastico in cui nessun altro può entrare. In realtà è semplicemente un bambino che fa il bambino, mentre sono loro, gli adulti, a non avere i mezzi per guardare oltre, per guidarlo e rassicurarlo, per amarlo. Alla ricerca delle bizzarre tonalità di Tutti pazzi per amore e della coralità di Mine vaganti, Cotroneo porta sullo schermo con La kryptonite nella borsa tanti personaggi cui è facile affezionarsi, tante piccole gustose storie che si affiancano, si sfiorano e si sovrappongono senza però mai fondersi l’una con l’altra in un’unica ben definita entità libera dalla morsa della nostalgia. Anche la figura di Gennaro, il cugino ‘diverso’ che si crede Superman e che torna a far visita a Peppino e ad incoraggiarlo nei momenti di sconforto, è tuffato nella storia in modo quasi accidentale. Personaggio chiave del film, quello che rappresenta il lato surreale della storia e incarna l’accesso di Peppino al mondo fantastico, è anch’esso relegato a sporadiche seppur divertentissime apparizioni al fianco del cuginetto, quasi degli sketch, tra cui spicca quello ‘risolutivo’ del finale, poetico e tenero, ma anche un po’ furbetto nella sua incapacità di spogliarsi di metafore.” (Luciana Morelli, Movieplayer.it)

Dalla recensione del libro:

“Napoli, 1973. Peppino Sansone, sette anni. Rosaria, la madre, già aspirante insegnante e ora segretaria in uno studio di commercialisti, e Antonio, il padre, prima commesso e poi direttore in un negozio; i genitori campani di lei (Carmela e Pasquale), quelli friulani di lui (Rosa, un bel giorno, viene colta in flagrante dalla nuora: ha legato il nipote a una sedia per farlo star buono); Titina, Federico e Salvatore, i tre fratelli (minori) di Rosaria. E poi Gennaro de Cicco: in abito da Superman s’improvvisa portiere di retroguardia nel caseggiato in cui abita Peppino (si apposta in cima alle scale e intima ai condomini di aprirgli la borsa: vuol vedere se contiene kryptonite); una sera va a trovare come al solito il cugino Michele, si denuda completamente, gli rivolge una disperata richiesta d’aiuto (“Spogliati pure tu. Fammi vedere se sei uguale a me”) e, quando fa per toccarlo, ne riceve un’”occhiata feroce”; l’indomani si getta sotto le ruote di un autobus, portando con sé le sue domande senza risposta.
È il perno di tutta la storia questo tenero e infelice Nembo Kid; scioglie in tragedia l’attrazione per il suo stesso sesso, ma sopravvive nondimeno nell’immaginazione di Peppino, che prende per mano lungo il racconto per renderlo consapevole della sua diversità: “Tu sei fatto come me. Non sei uguale a loro”, gli dirà alla fine prima di caricarselo sulle spalle e di sollevarsi in volo su una magica Napoli notturna; il piccolo allora capisce: “Pensò a tutta la vita che doveva ancora venire, dopo quella notte, e improvvisamente si sentì felice”…(Massimo Arcangeli, L’Indice)

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