Komrades

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Questo documentario del canadese Steve Kokker, ci descrive, attraverso interviste a cadetti della famosa Accademia navale di San Pietroburgo, le condizioni di vita, non certo invidiabili, dei giovani militari russi dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Nelle prime interviste i ragazzi parlano dell’importanza del cameratismo, di come tutti condividano tutto e si aiutino come fratelli. Le immagini ce li mostrano manifestare apertamente il proprio affetto per i compagni, si abbracciano e si baciano con una disinvoltura sconosciuta dalle nostre parti. Ovviamente dopo aver bevuto molta vodka l’affettività aumenta sensibilmente… Alla domanda se l’affetto per il compagno si possa chiamare amore rispondono positivamente. Vediamo che ci sono delle vere relazioni affettive, ci si bacia e si dorme a volte nello stesso letto. Però nessuno dice di essere omosessuale, anzi, in caserma non ci sono omosessuali: quelli esistono solo fuori dalle caserme e sono gente poco raccomandabile… segue sulla scheda (R.M.)

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segue da sopra

… Nella seconda parte delle interviste il clima diventa più cupo. I ragazzi denunciano episodi molto gravi di nonnismo da parte dei militari più anziani (dalle frustate, alle canne dell’acqua nell’ano, ai pestaggi), episodi che, come sappiamo anche dai giornali, portano ogni anno alla morte di decine di ragazzi e di solito rimangono impuniti. Alcune reclute interpretano i soprusi come un male necessario per conquistare la maturità e la virilità, altri ne rimangono segnati per sempre.

Di questi ragazzi impressiona la loro fanciullezza e la loro tristezza: hanno tutti una grande nostalgia (la famosa Nostalghia russa ?) per i loro luoghi di origine e per le loro famiglie, dalle quali devono rimanere separati per tre o cinque lunghi anni. Non riescono a nascondere la loro tristezza nemmeno i più fanatici della vita militare. Li vediamo felici e sicuri di se solo quando sono tutti assieme e soprattutto quando sono ubriachi.

La visione di questo bel documentario lascia lo spettatore un po’ spaesato; perché da un lato il regista fa di tutto per condividere con noi il suo piacere di avere a che fare con cosi tanti bei ragazzi, alcuni dei quali, chissà come mai, ci parlano stando nudi, d’altra parte però quegli stessi ragazzi affrontano problematiche molto serie in modo molto spontaneo, sincero e convincente, facendoci vergognare di noi stessi per esserci lasciati tentare da pensieri non casti nei loro confronti. ( La stessa cosa succede con il film “100 Days Before the Command (Sto dnej do prikaza) ” sullo stesso argomento).
Le interviste sono intervallate da spezzoni di film d’epoca, opportunamente scelti per sottolineare gli argomenti trattati e per farci sorridere. (R.M.)

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