Jimmy Dean, Jimmy Dean

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Jimmy Dean, Jimmy Dean

Coinvolgente adattamento dell’omonima commedia che racconta della vita ventennale di un club di fans di James Dean che si ritrovano in un piccola bottega nel Texas rurale. Tutte le donne hanno segreti da rivelare incluso quello di Karen Black come transessuale che nei primi anni era l’unico uomo membro del club. Le interpretazioni sono tutte superbe e non ci accorgiamo assolutamente del fatto che tutta la vicenda si svolge all’interno di un piccolo locale e che praticamente assistiamo ad un teatro filmato. Godibilissimo.

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James Dean, uno dei giovani leoni degli anni ’50, trionfatore ne “Il Gigante” di Stevenson, morì tragicamente nel 1955. Venti anni dopo, a Mc Carthy (Texas) dove appunto tale film fu girato, alcune sue fanatiche ammiratrici di allora si incontrano nel locale “drugstore”, che è anche la sede del loro club e dove restano le loro giacche rosse. All’appuntamento, in cui si tornano fanaticamente a celebrare i riti del mito, ecco così la scialba Edna Louise (che presto sarà madre per la settima volta), la prosperosa ed esagitata Sissy (Cher) che aiuta l’anziana e vedova padrona del locale Jusnina e poi ancora Mona, una povera donna fissatasi nella idea che proprio James Dean sia il padre del proprio figlio Jimmy (un disadattato, che compare in scena solo nelle “visioni” e farneticazioni di lei, essendosene da tempo andato via), la grassa e svociata Stella e, ultima per arrivo in scena, la biancovestita, elegante ed enigmatica Joanna. Tra abbracci e bisticci, vecchie canzoni e bevute di birra, nel chiuso di un modestissimo emporio zeppo di cianfrusaglie e con il caldo afoso della campagna texana, le donne si parlano, si commiserano e vaneggiano, nella (apparentemente) felice memoria dei bei giorni andati ma, a poco a poco, amaramente confrontano l’immagine della loro giovinezza con le frustrazioni e delusioni del presente. Cadono così diaframmi e veli e nella maniera più insospettabile ed amara: Stella non potrà mai avere figli; Sissy, tanto orgogliosa ed ammirata in paese per i favolosi suoi seni, non reca che una protesi a seguito di una operazione per tumore, (né mai più rivedrà il marito, che proprio per tale esuberanza la detestava e l’ha abbandonata). Quanto a Mona, visionaria fino alla follia, dovrà sentirsi dichiarare che all’epoca de “Il Gigante” (film in cui figurò come umilissima comparsa) rimase incinta, sì, ma non certe ad opera del mitico James Dean: e chi glielo dirà sarà Joanna, elegante transessuale, che tanti anni prima altri non era che Joe, il garzone dell’emporio, abitualmente violentato per la sua avvenenza dai coetanei nel cimitero locale. Joe-Joanna è il vero padre del figlio di Mona, da anni fuggito di casa come ossessionato dal peso di una erediti dubbia e mistificatrice. Nel penoso “carte in tavola”, le donne si parlano e si lacerano fra grida ed isteriche risate, ma ancora si danno appuntamento (sarà Joanna a proporlo) per un ulteriore raduno in onore del loro idolo. Ma ci sarà poi quel raduno? Ci sarà, una volta di più, quel patetico incontro, davanti ad un altarino di sogni frantumati? Nel finale del film, così gremito di tristezza e privo di pietà, il “drugstore” ci appare vuoto e polveroso. Di tante scatole e festoni non resta in un angolo che un ammasso di ciarpame, tra il macabro ed il ridicolo: ivi compresa la fotografia di un gigante, del quale le vicende della vita hanno evidenziato la sostanziale fatuità e precarietà come simbolo.

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