Uno studio. Un uomo e una donna. Immagini in movimento sullo schermo, che lui commenta, stimolato dalle domande di lei. Tutto il filmato è stato girato dalla finestra di un appartamento: vista sulla strada, la metro in costruzione, il canale, le finestre dei palazzi di fronte. L’appartamento appartiene all’amante dell’uomo, l’uomo è un ospite, che vi trascorre le notti, ma mai i giorni. Al lato del canale, alcuni giovani afghani, stanno costruendo alloggi di fortuna mentre l’uomo li osserva, provando una crescente simpatia per loro. Le stagioni si susseguono, inverno, primavera, estate.
L’attrice Eva Truffaut e il regista Vincent Dieutre stanno parlando d’amore. Il tono della loro conversazione è sommesso, poco più che un sussurro. Anche se la telecamera è fissa sul mondo oltre la finestra, anche ciò che resta dietro è importante. I rumori provenienti sia dall’interno che dall’esterno. Simon, l’amante, attivista sindacale e per i diritti civili, suona il pianoforte. Per Dieutre, è stato un eroe. “Simon mi ha insegnato ancora una volta cos’è la compassione”. La relazione è finita, si parla di lui al passato, con tenerezza e molto rispetto. E’ solo la chiave dell’appartamento di Simon a Parigi, alla stazione della metropolitana Jaurès, che lui non ha mai posseduto. (Berlinale, trad. G. Borghesi) Premio speciale della giuria Teddy alla Berlinale 2012 con la seguente motivazione:
“Formalmente e narrativamente eccezionale questo film esplora l’impulso umano teso alla riconciliazione dell’individuo e delle sue emozioni con la politica. La giuria riconosce un’altissima qualità filmica di profondità e bellezza”
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