A diciannove anni, dopo aver lasciato l’esercito, Imri si trasferisce da una piccola cittadina israeliana alla centrale Tel Aviv. Qui trova un appartamento in affitto che divide con un compagno di stanza piuttosto eccentrico, e trova lavoro come commesso in un negozio. Il che gli permette di mantenersi e, allo stesso tempo, di risparmiare in modo da poter coronare il suo sogno: andare a vivere in Giappone.
Japan Japan è il resoconto, per impressioni e immagini in dissolvenza, della vita di Imri a Tel Aviv: del suo studiare il giapponese preparandosi al grande viaggio e degli uomini che incontra e con i quali va a letto, degli amici che lo circondano e di quelli che partono per luoghi irraggiungibili, lasciandolo solo in una città che lo sommerge e, allo stesso tempo, lo impaurisce; c’è una guerra a pochi chilometri da casa, anche se, in questa esistenza ovattata, sembra addirittura più irreale e lontana del tanto desiderato Giappone.
Il film è realizzato mischiando scene decise a tavolino ad altre improvvisate, a metà tra fiction e documentario. Costato pochissimo (circa 200 dollari di produzione) Japan Japan è il primo lungometraggio del giovane regista israeliano Lior Shamriz. « In questo film», dichiara “ho provato a dare la struttura di un documentario a una fiction. […] Molti ragazzi a Tel Aviv vogliono andare via dal paese. Forse è una questione di identità : crescere in un luogo dominato da un americanismo forzato costringe alcuni a cercare una nuova d’appartenenza. Una in cui, magari, la guerra sia talmente lontana da non sentirla nemmeno.” (Gender Bender 2007)
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Molte pretese , idee intelligenti pochissime , il Giappone non c’entra nulla se non per un inserto porno-gay giapponese capitato a caso nel contesto e per il dichiarato intento del protagonista di volerci andare a vivere.
Direi proprio che il regista poteva risparmiarsi i pochissimi soldi spesi per mettere in piedi questa scemata e lo spettatore i 65 minuti persi a guardarla. Voto 4.