“Il missionario Don Carlo torna dall’Africa a Roma perchè la sua fede vacilla. Ha bisogno di ascolto e si ritrova invece circondato da famigliari sull’orlo di una crisi di nervi: il padre vedovo innamorato della procace badante slava, la sorella nevrotica e razzista, il fratello che sniffa e l’improbabile Lara sbucata dal nulla, un figlio in braccio e una seconda vita porno davanti alla webcam. Come succede ormai sempre più spesso, nessuno è disposto ad ascoltare Don Carlo, tutti presi dal frastuono contemporaneo autoreferenziale. In questo Grande Fratello al gusto famigliare, il prete si ritrova dapprima spaesato, ma infine accetta tutte le differenze, amandole e soffrendole insieme. Verdone è misurato come chiede il ruolo ma resta fulmineo, ineguagliato, nell’artigliare ogni possibile tempo comico… è facile prevedere che entreranno nelle antologie le scene con il padre e la florida badante, la sortita di Don Carlo in discoteca, alcuni dialoghi con Marco Giallini.”(Piera Detassis, Ciak) – Nel film vediamo una coppia di ragazze adolescenti, una è la nipote del protagonista, sempre insieme e sempre vestite da “gemelline” unite da un legame strettissimo che spinge la madre di una di loro a interrogarsi sulla loro sessualità (“non saranno gay?”), inoltre assistiamo a un breve approccio a Verdone mentre si trova in discoteca (“Serata magra stasera, vero? Nessun manzo, solo petti di pollo”).
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Prete in crisi di indentità torna dalla missione in Africa in cui era impegnato per chiarirsi le idee; ma trova nella sua famiglia molta più confusione di quella che ha in testa. Ma è proprio nello sbrogliare le beghe dei suoi famigliari che risolve anche quelle di fede.