Varie
Articolo di Natalia Aspesi su La Repubblica (17/9/15)
SI può fare un film politico senza parlare di politica? Si, si può, e lo ha fatto Maria Sole Tognazzi con il suo quarto bel film, Io e lei, che uscirà l’1 ottobre. Non ci sono gruppi gay che chiedono di ottenere i diritti di tutti gli italiani, non ci sono piazze piene di sante famigliole che manifestano perché questi diritti non siano concessi, non ci sono ministri che promettono forme di riconoscimento delle coppie dello stesso sesso ma al primo brontolio di un cardinale subito si tacciono. Dice Maria Sole: “Volevo parlare di una coppia come tutte le altre, però composta da due donne mature e coscienti, autonome e del tutto accolte dalle rispettive famiglie e nel luogo di lavoro. Come è oggi nella realtà, malgrado il noioso e spesso pericoloso atteggiamento omofobo di una parte dell’Italia. Federica e Marina sono due donne quasi cinquantenni che convivono da 5 anni”.
Maria Sole è una di quelle quarantenni di oggi che paiono adolescenti, di una bellezza seria e gentile, diversa da quella delle sue protagoniste di cui racconta la vita prima dell’incontro d’amore. “Federica è un architetto e ha un figlio ultraventenne dall’ex marito dentista (Ennio Fantastichini), Marina era un’attrice ma si è stancata e adesso possiede una fortunata catena di take-away di lusso. Federica è Margherita Buy, Marina è Sabrina Ferilli. Dopo Viaggio da sola che è stato venduto ovunque, volevo fare un altro film con Margherita, Sabrina l’avevo conosciuta anni prima quando da ragazzina facevo l’assistente alla regia e nelle pause le portavo il caffè e le ricordavo le battute. L’ho rivista al Festival di Cannes dove in concorso c’era La grande bellezza e ho pensato a un film con tutte e due. Mi è venuta questa idea di farne una coppia, ne ho parlato con Ivan Cotroneo e Francesca Marciano per scriverlo insieme e le due attrici mi hanno detto di sì”.
Ci sono più film su amori fra uomini che su legami lesbici. Secondo lei anche nella realtà è così?
“Non credo proprio, è che le donne non lo dicono. Il maschilismo e la misoginia prevalgono anche in questi casi e comunque i maschi insieme sono sempre stati più visibili, più temuti, più detestati. Come se l’amore saffico facesse meno scandalo, fosse di seconda serie in quanto praticato appunto da personaggi di seconda serie, le donne. Tra i film che ho visto negli ultimi anni, ritengo un capolavoro La vita di Adele di Abdellatif Kechiche, che nel 2013 ha vinto la Palma d’Oro a Cannes, per il modo di esprimere la passione fisica tra due donne giovani, divise però dalla diversa condizione sociale e dalle diverse ambizioni. La mia scelta di parlare di un legame forte tra due persone mature, realizzate, serene mi ha permesso di soffermarmi di più sulla quotidianità e sui sentimenti simili in ogni tipo di coppia”.
Quando sono a letto, le due amanti leggono libri, condividono gli occhiali, chiacchierano, indossano pigiamoni o magliette sformate come certe vecchie coppie etero, insomma non paiono pronte a saltarsi addosso: mentre quando una delle due si ritrova a letto con un uomo, ha una di quelle camicine di pizzo trasparenti e scollate che la rendono molto attraente.
“Credo sia un’abitudine pensare che suscitare l’erotismo di un uomo necessiti di corpi esposti e provocanti. Il sesso tra donne mi immagino sia più profondo, più intimo”.
Lei ha avuto questo tipo di esperienza?
“No non è nella mia natura, ma se mi capitasse non avrei difficoltà “.
Si è ispirata a Il vizietto e ai suoi due seguiti, di cui suo padre Ugo è stato protagonista, l’”uomo” di una vecchia coppia gay, padre di un figlio nato da un matrimonio?
“Al primo avevo 7 anni, al secondo 9, all’ultimo 14. Naturalmente dopo li ho visti ma il mondo è cambiato, non è più tempo di caricature. Forse nel mio film è il cameriere filippino vistosamente gay a ricordare quello travestito del Vizietto”.
Marina e Federica vengono da due famiglie diverse, una popolana, l’altra di professionisti. Eppure tutte e due hanno accolto la loro scelta d’amore.
“Quella di Marina ha quasi soggezione dell’architetto Federica, cui chiede di fargli un impossibile secondo bagno, quella di Federica è una famiglia allargata che assomiglia alla mia: l’ex marito ha una seconda moglie e due bambini, uno appena nato, si ritrovano tutti a tavola, con Federica e il figlio grande. Nella nostra casa di Velletri Ugo raccoglieva i figli suoi e di altre madri, Ricky e Thomas, con cui Gianmarco e io, figli di Franca Bettoja sua ultima moglie, stavamo benissimo. Siamo ancora molto uniti, loro vogliono bene alla mia meravigliosa mamma. Che vive nella sua casetta al Villaggio Tognazzi a Torvajanca, dove mio padre aveva inventato un torneo di tennis, premio un colapasta d’oro, abituali partecipanti Vittorio Gassman e Luciano Pavarotti, Franco Interlenghi e Paolo Villaggio e naturalmente Ugo. Mia madre vive ancora lì, davanti al mare, da sola, noi andiamo sempre a trovarla”.
Nella vita di Federica e Marina c’è una frattura molto eterosessuale.
“Federica non vuole che Marina torni al cinema, Marina non accetta il tradimento. Soprattutto Marina è sempre stata lesbica e non lo nasconde, Federica è insicura e preferisce non esporsi”.
Cosa ricorda di quel padre (e uomo) speciale che era Tognazzi?
“È morto nel 1990 a 78 anni, io ne avevo 19, avevo vissuto poco con lui perché era sempre in giro e io ero anche molto timida e riservata, quando c’era lo osservavo da lontano e non sapevo che dire. Non ho grandi ricordi e mi spiace molto, e molto mi manca adesso. Mi sarebbe piaciuto fargli vedere i miei film, soprattutto questo. Comunque sono grata alla vita per tutto quello che ho, e siccome sono nostalgica di natura, coccolo il mio passato come un tesoro”.
Ho letto le recensioni su questo film e sicuramente è serio come intenso emozionalmente parlando ma è stato liberatorio per il mio coming out e il gruppo cinema per cui l’ho proposto. I temi della comunicazione e della coppia, della visibilità lesbica e la famiglia come sono station espressi nel film mi hanno illuminato sul mio percorso. Voto 8.
Mi domando ancora perché quella sera, invece di prendere la porta per il cinema non ho preso quella del bagno. Questo film è un insulto: alle lesbiche, alle spettatrici lesbiche, alle cinefile lesbiche, a quelle donne che del mondo lesbico vogliono capirci qualcosa. Ma che è sta roba? Un polpettone radical chic con la sindrome ozpetekiana senza avere i requisiti. È possibile sfornare sto escremento, dopo anni che il resto del mondo da lezioni, non dico superbe, ma perlomeno decenti, di buon cinema a tematica lgbt? Io mi sento offesa, sono uscita dal cinema incazzata per aver speso il mio tempo per una roba che potevano passare in televisione adatta ad educare le masse ( vedi, il padre delle spose), in tv in prima serata l’avrei compreso un prodotto di questo calibro. Ma dal cinema pretendo poesia, riflessione, capacità di oltrepassare lo stereotipo così come di oltrepassare il buonismo rassicurante che occhieggia al pubblico. La Buy imbarazzante come al solito, attrice sopravvalutata, espressiva come un lavandino, la Ferilli ce la mette tutta, ma non ce la fa. Insieme, la peggiore coppia lesbica mai vista al cinema. La scena della camera da letto, si commenta da sola. Touche’
Nonostante le doti mediocri di attrice della Ferilli e quelle notevoli della Buy, che però evidentemente sa fare solo la nevrotica insicura, l’ho trovato davvero bello, ben scritto ben girato. Ce ne fossero di film così soprattutto nel panorama italiano.
A me il film è piaciuto, e proprio perché si “limita” a rappresentare l’evolversi, nella quotidianità, di un rapporto d’amore tra donne. Ho apprezzato che i personaggi siano, tra l’altro, delle quasi cinquantenni più o meno consapevoli, realizzate professionalmente, che si amano ( perché donne così, donne che potrebbero naturalmente essere punto di riferimento per altre donne, omosessuali o no, ci sono eccome, ma non sono rappresentate ) e non mi sono mancate le scene di sesso ( qui si sta parlando di altri aspetti della relazione tra le due ) … Margherita Buy, poi, m’è sembrata convincente: é Federica, il personaggio che interpreta, ad essere pudica, freddina ( come anche la definisce il personaggio di Camilla ) poco espansiva ( cosa che risalta ancora di più con il personaggio di Marina a fianco ): per coglierne il sentire bisogna considerare lo sguardo che rivolge a Marina, dopo che questa ha scoperto il suo tradimento, nel presentarle il collega ingegnere; o il modo in cui mette in chiaro che è “incazzata” perché non ha avuto tempo di capire cosa ha significato per lei tradire la compagna; o lo sguardo esterrefatto che rivolge all’ex marito che la invita, in attesa che trovi, dopo la rottura con Marina, una nuova sistemazione, a vivere con lui e la sua nuova giovane moglie; o ancora l’asciuttezza ( e per quanto mi riguarda l’intensità ) della dichiarazione d’amore che alla fine del film fa a Marina. … Le donne sono tutte diverse; non esprimiamo tutte ciò che proviamo nello stesso modo; e siccome siamo abituati all’ostentazione delle passioni, dei sentimenti, quando questi vengono espressi con misura, pacatezza ( Federica è anche un architetta di buona famiglia, una borghese ) forse anche con pudore, può risultare difficile anche il solo riconoscerli … D’altronde anche Marina non ostenta i suoi sentimenti: la frustrazione, la rabbia, il dolore per quanto sta avvenendo, durante il ritorno a Roma, una volta deciso di separarsi, è espresso, fisicamente, innanzitutto dal quel battere della mano sul volante ( davvero bella la scena … negli sguardi e nei movimenti delle due c’è tutta la gamma dei sentimenti che possono provarsi in una situazione del genere … brave …); e dalla madre, è Marina stessa a chiedere alla sua famiglia di mettere da parte i giudizi su Federica, di lasciar stare e mangiare: è solo in macchina, da sola, bloccata nel traffico, che si lascia andare a ciò che prova …
Insomma io ho trovato i due personaggi credibili, e Buy e Ferilli brave … Nel complesso lo giudico un buon film, per certi versi sicuramente importante.
Contenta che il film sia servito a sollevare il dibattito politico verso i diritti, ma è deludente, senza pathos. La Buy, che amo nei suoi vari ruoli, non mi è sembrata per niente in sintonia con la Ferilli, né adatta al ruolo. Mentre la Ferilli più credibile. A me non è piaciuto più di tanto. Una visione stereotipata. Per “tranquillizzare” gli etero?
Un film italiano con due attrici famose, una più sciolta (Sabrina Ferilli) l’altra più impacciata e più distaccata (Margherita Buy). L’intento è buono, è una commedia leggera che a tratti fa ridere per via delle battute romane di Marina (S. Ferilli) ma la storia è troppo superficiale, le protagoniste si baciano e si abbracciano poco e niente, sembrano più sorelle, amiche piuttosto che una coppia affiatata. Viene meno la fisicità e lo scambio di sguardi che contraddistingue l’amore tra due persone innamorate e complici. Anche io ho provato una leggera antipatia per il personaggio del filippino gay, si poteva evitare ma allo stesso tempo c’è dell’ironia all’italiana in pieno stile “Tognazzi”. La cosa importante che si vuole trasmettere è la semplicità delle relazioni omosessuali, per far capire a tutti che la vita di ognuno di noi è simile e nn diversa come credono in tanti.
Il film è bello, e credo necessario al dibattito sociale (e politico), anche se ho fatto un po’ fatica a perdonargli un paio di pecche: la prima è che le protagoniste sono tutte belle, ricche e con lavori gratificanti. La seconda sono alcune situazioni e personaggi eccessivamente macchiettistici (vedi l’odioso filippino gay! o la madre della Ferilli) che abbassano un po’ il livello del film. Anche la Ferilli a volte “esagera”, ma la si perdona facilmente perchè ha un’ironia coinvolgente che fa bene all’ottimismo di cui abbiamo sempre bisogno.