Invano mi odiano - Racconto sui cristiani LGBT

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Invano mi odiano - Racconto sui cristiani LGBT

Yulia Matsiy è una regista indipendente russa residente a Milano. La giovane regista ha scelto una citazione evangelica per intitolare il suo lavoro. “Invano mi odiano”: queste parole del Vangelo di Giovanni (15:25), tradotte dalla versione russa del Vangelo, ci ricordano che Gesù stesso era perseguitato perché le sue idee erano contrarie alla moralità dell’epoca.
Il titolo evidenzia la contraddizione fra i postulati della fede e la prassi di odio, messa in opera dai nazionalisti russi che si dichiarano credenti, e anticipa uno dei temi centrali del film: la situazione dei cristiani gay, lesbiche e transgender della Russia e dei paesi limitrofi, che vivono una doppia emarginazione. Rifiutati dai credenti in quanto “pervertiti”, vengono stigmatizzati anche dalla maggioranza atea dei gay o delle lesbiche.
La loro esistenza è sommersa, ma non sono del tutto invisibili. Infatti, da sei anni si organizza un Forum di GLBT credenti dell’Est Europa e dell’Asia Centrale, che quest’anno si è tenuto a Kiev (gaycredo.org.ua)… Entrare in questa cerchia ristretta non è facile: l’ubicazione degli incontri è resa nota solo alla vigilia dell’evento. La regista doveva stare molto attenta nel riprendere le persone, perché per molti di loro essere avvistati in un contesto del genere può generare problemi nel paese d’origine. Infatti, prima di ogni ripresa video bisognava avvertire gli astanti, in modo da permettere loro di decidere se volessero apparire nel video o meno.
Questo però non ha pregiudicato la spontaneità e l’eloquenza della narrazione, che mescola le distanze, alternando gli attivisti isolati dal contesto (in particolare, Andrew Obolensky, Valery Sozaev e Yury Maximov), le panoramiche delle strade di Mosca, con la folla infinita che scorre indifferente, e le conversazioni amichevoli fra gay e lesbiche credenti. Nelle semplici stanze o nelle modeste cucine, gli amici parlano dei massimi sistemi e dei problemi quotidiani, dell’importanza della fede nelle loro vite, del peso della diversità, particolarmente forte nel caso di un ragazzo gay proveniente dal Daghestan, che dall’Islam si è convertito al protestantesimo. Fra una tazza di the e una frittella con la panna acida, condividono le storie degli amori finiti e le speranze di un futuro senza omofobia…(Marina, ilgrandecolibri.com) Segue sotto

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https://www.youtube.com/watch?v=T0L9QAd_ADc?list=UUhjgXpWnfruJwL7O65a4X6g

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segue da sopra

…Da contrappunto violento a queste storie di ordinaria sopravvivenza fungono i video del famigerato movimento “Occupy Pedofiliai”, una caccia all’uomo organizzata e subdola, che usa i mezzi di comunicazione moderni per individuare, adescare e incontrare i gay russi maturi o giovanissimi, per umiliarli pubblicamente. Fra le decine di video simili, molti dei quali diffusi anche in Europa, la regista ha scelto sapientemente quattro episodi in cui la violenza aumenta, passando dalle parole ai gesti osceni, al sangue.
Non meno violente e tristemente noti sono anche i tentativi di protesta di fronte alla Duma, organizzati dai gruppi di attivisti GLBT: riprese dall’alto permettono di vedere, con una chiarezza spaventosa, quanto siano pochi, seri e uniti fra loro, e quanto siano aggressivi e quasi divertiti i loro aggressori. Urlando uno addosso all’altro “Mosca non è l’Iran!” e “Mosca non è Sodoma!”, si affrontano, malamente trattenuti dalle forze d’ordine.
Ma la regista ci riporta la voce della maggioranza omofoba non solo nell’esaltazione di una protesta di strada: intervista un uomo credente che era in piazza per un concerto ufficiale. L’occasione è alquanto altisonante: la celebrazione patriottica, per quanto artificiale, del 1025° anno dalla cristianizzazione della Russia (evento che storicamente ha poco a che fare con lo stato Russo moderno, essendo iniziato a Kiev, nell’odierna Ucraina, 150 anni prima della prima menzione di Mosca). Brandendo una bandiera fatta su modello di quelle usate durante le manifestazioni francesi contro il matrimonio fra gli omosessuali, l’uomo barbuto sciorina una catena di ragionamenti in cui una famiglia è tale solo se ci sono tre figli e l’uomo è un dio all’interno del nucleo familiare e la donna deve limitarsi a servire lui e i figli.
In un’ora circa Yulia ci offre una panoramica completa, o quasi, dello stato delle cose in Russia. La regista si pone il compito di testimoniare l’esistenza di questa minoranza all’interno di una minoranza, e nello stesso tempo di ribadire la sua normalità, rivolgendosi al pubblico generale che non conosce l’argomento. Il film era in gestazione da tre anni, ma è stato realizzato nel giro di qualche mese, proprio nelle stesse settimane in cui un gruppo di cineasti olandesi finiva sotto arresto dopo un tentativo di riprendere dei giovani gay a Murmansk (bbc.co.uk).

INTERVISTA ALLA REGISTA (di Claudia Pastore su milanopost.info)

Com’è nata l’idea di girare questo film?
«Per molte persone omosessualità e religione è un connubio stonato. Da quattro anni frequento la Chiesa Valdese, ufficialmente aperta a tutti coloro che credono in Gesù Cristo, compresi LGBT. Mi sono sentita chiedere più di una volta “Ma esistono gay credenti?” e ho pensato di fare un film per raccontare questa realtà.
Ho iniziato a girare in Italia, ma poi a Giugno in Russia, terra in cui è ambientata la storia, hanno approvato la legge repressiva 6.21 che viola la propaganda dei rapporti non tradizionali. Sono seguite tantissime manifestazioni, così ho contattato gli attivisti che lottano per i diritti LGBT. Ho preso l’aereo e sono andata a girare il mio film.»

Dal punto di vista dei contenuti perché lo ritieni interessante?
«Alcune riprese delle manifestazioni mi sono state regalate da Dmitry Zikov (Grani-TV), che vorrei tanto ringraziare. Io non c’ero fisicamente a Mosca quando approvarono la legge e quando ci sono state le manifestazioni. In più, quest’anno rappresentavo il gruppo VARCO (Gruppo evangelico di valorizzazione e riconoscimento della comunità omosessuale, gay e lesbica) al Forum dei Cristiani LGBT dell’Est Europa e dell’Asia Centrale. Di solito è proibito fare le foto e video durante il forum. Si fa molta attenzione alla privacy: tanti attivisti e partecipanti del forum usano i pseudonimi. Era proibito fare anche foto o video, ma a me, miracolosamente, hanno permesso di fare le riprese della funzione religiosa alla fine del forum con possibilità di inserirlo nel mio film.

Nel film parlo anche di movimento “Occupy Pedofilai” – movimento che finge di lottare contro la pedofilia ma invece si mostra violento verso persone di cui la colpa (o l’intenzione di fare il reato) è incerta. Infatti, il film contiene immagini forti di violenza psico-fisica. I video di questo movimento si trovano liberamente su internet e sono inseriti con lo scopo di denunciare tale comportamento. Sono invece censurati i volti delle vittime per rispetto di esse.»

Di cosa si tratta esattamente?
«Allora il movimento “occupy pedophilai” è un movimento popolare ideato da una persona che preferisco non nominare per non fargli pubblicità. Il movimento sostiene che il governo e la polizia non facciano abbastanza per fermare i pedofili, quindi si occupano in prima persona della “caccia”, che chiamano “safari”.
Cercano le persone su internet usando i profili fittizi (o di un ragazzo-esca) per cercare i pedofili, organizzano un appuntamento, poi invece durante l’incontro sfogano tutta la loro rabbia sul presunto pedofilo. Lo interrogano e lo trattano male lo umiliano in vari modi: sporcandolo di urina, dandogli schiaffi, rovinandogli i vestiti. A volte questi incontri finiscono con la violenza fisica vera e propria . Tutto ciò viene registrato con la camera e caricato su internet. Sono decine e decine di video, se non centinaia.
Nei video prima mettono le schermate delle conversazioni per confermare che si tratta di pedofilia, ma in realtà nessuno può sapere se queste conversazioni siano vere o false. E la violenza non finisce con i video, quando le persone vengono riconosciute nella “vita reale” dai famigliari e dagli amici la violenza continua. Io sono ovviamente contro la pedofilia quando si tratta di bambini piccoli, della violenza e quant’altro, ma il movimento “occupy…” non lotta contro queste cose, usa questa scusa per fare la violenza.
Se volessero combattere la pedofilia basterebbe prendere schermate delle conversazioni e portarle alla polizia, che è molto severa nei confronti dei pedofili in Russia, nei termini della legge ovviamente. E poi spesso si tratta di casi di pedofilia molto discutibili, per esempio quando il “bambino” ha 16 anni e “pedofilo” ne ha 18. Per la legge russa non è pedofilia, ma loro si sentono legittimati a fare queste azioni piuttosto sadiche.
Di fatto, quindi, non è una lotta contro la pedofilia. Inoltre c’è una sezione del movimento che si chiama “occupy gherontofilai”: cercano i ragazzi minorenni che si credono gay, gli scrivono da parte di ragazzi/uomini adulti, li corteggiano e poi quando si parla dell’appuntamento per conoscersi gli propongono i soldi. Spesso i ragazzini accettano o insomma, non gli fa differenza,
così loro possono fare tutto il bullismo e le violenze psicologiche o/e fisiche contro questi ragazzini che si scoprono gay con la scusa di lottare contro la prostituzione dei minori

Perché queste notizie non passano in Italia?
In realtà, qualche fonte ha rilevato qualcosa riguardo a questi “occupy pedofilai” ma veramente poco.
Questa situazione tremenda, con i movimenti vari violenti in Russia, ha bisogno di maggiore attenzione. E soprattutto c’è bisogno di processi contro le persone che fanno parte degli “occupy..”.

Ti senti più una provocatrice o paladina della giustizia?
Non mi credo assolutamente “provocatrice” in questo caso. Credo che questo film sia più una sorta di cronaca di quello che sta succedendo in Russia. Nonostante le informazioni che passano dai mass media credo che tanta informazione non giunga mai in occidente. Oltre al fatto che solo in questo momento sta crollando il mito della “Russia gay fiendly” e si inizia a parlare della situazione dei diritti umani.
La gente con cui parlo in Italia, si stupisce quando gli dico che essere gay in Russia non è semplice. La Russia è vista come un paese benestante, europeo e di mentalità aperta. Gli italiani conoscono i russi che vengono qui a fare shopping, ma si tratta di una minoranza. In Italia non conoscono l’altra realtà e i russi stessi che vivono qui non la raccontano. Quando parleranno in modo adeguato della miseria e della violenza negli orfanotrofi, dello sfruttamento e della violenza nelle prigioni, della vita dei numerosi immigranti clandestini che vivono in tutta la Russia, e di tanti altri temi? Ci voleva la legge “omofoba” per far parlare della situazione di tutti i diritti civili, che è peggiorata. Hanno approvato la legge contro l’offesa dei sentimenti dei credenti (fino a tre anni di galera), hanno proibito l’adozione dei orfani da parte di stranieri (anche europei e americani) e sono messe in discussione anche tante altre leggi repressive e scioccanti di cui i media occidentali non parlano finché non diventa legge, com’è successo con quella dell’omofobia. Si discuteva il disegno della legge da mesi e in Russia ne parlavano tutti, ma in occidente non è giunta notizia finché non è stata approvata.

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