Il film, raccontato senza falsi moralismi, ci dà un quadro dell’America degli anni settanta che tenta di liberarsi, con grande fatica, di una educazione colpevolizzante e castrante che era servita solo a togliere il gusto e l’amore della vita. Il personaggio gay, contorto e vittima dei suoi stessi pregiudizi, è interpretato da un ottimo Tom Berenger. Per quei tempi era comunque un passo avanti nella rappresentazione dell’omosessualità, anche se allora venne accolto molto male dagli omosessuali, perchè accusato di essere il solito film omofobo che dipinge gli omosessuali come maniaci e violenti assassini. In realtà tutto il film è una triste storia di solitudine e violenza, a cominciare dalla protagonista Theresa (una formidabile Diane Keaton) che rinuncia alla fecondità e quindi a costruirsi una famiglia, per paura di trasmettere una malattia genetica. Theresa, che di giorno è una bravissima insegnate in una scuola per sordomuti, sfoga la sua sessualità in incontri con sconosciuti frequentatori di bar notturni. Dovrà quindi vedersela con un violento e cinico gigolò (un Richard Gere già bravissimo a recitare col suo posteriore), un manesco uomo di mezza età e infine con un omosessuale represso (Tom Berenger). Quest’ultimo, probabilmente un prostituto, lo vediamo vestito da drag che riesce a fuggire da un pestaggio omofobo, raggiungere il suo maturo compagno/cliente col quale litiga e dal quale fugge gridandogli che lui “non è una frocia” che lui non è “uno che lo prende ma uno che lo dà” e che quindi il frocio è solo l’altro. Lo ritroviamo poco dopo in un bar gay dove Theresa, per fuggire alle mire di un debole e squilibrato assistente sociale (William Atherton), lo bacia e lo invita a casa sua. Questa volta la tragedia, finora sempre sfiorata per miracolo, si compirà, frutto di una omofobia interiorizzata e della incapacità di accettarsi come omosessuale in una società reazionaria e bigotta. Il film è una specie di via crucis della protagonista, che si condanna all’espiazione di colpe non sue attraversando tutti i mali di una società ipocrita e violenta.
Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
La doppia vita di una donna che è alla ricerca fondamentalmente della felicità; ma che non ci riesce per colpa dell’educazione bigotta che ha ricevuto e per una malattia genetica che la inibisce dal farsi una famiglia.
Il film è del 1977 e si sente tutta la morale dell’epoca, dove le donne non valgono nulla (figuriamoci i gay) e l’uomo e il padre padrone. E questo pesa tanto sul giudizio complessivo da dare al film.