Il docu-film (presentato come il capitolo uno di una serie Italian Horror Stories) ideato da Alessandro Garramone e Annalisa Reggi e diretto da Nicola Prosatore, trasmesso in prima visione su Sky Crime e ora disponibile on demand e su Nowtv, ricostruisce in modo efficace, con testimonianze e materiali inediti, l’assassinio di Luca Varani, 23 anni, originario della Macedonia, figlio adottivo di una famiglia della Storta, periferia nord di Roma, che lavorava presso un’officina meccanica. Il delitto avviene la mattina del 4 marzo 2016, al termine di un festino gay lungo tre giorni. I carabinieri trovano il suo corpo sul letto, coperto da un piumone, con un cavo elettrico intorno al collo, un coltello a lama corta infilato nel petto, e quasi cento ferite sul corpo. L’autopsia parlerà di martellate, coltellate, sevizie, inferte a Luca dopo essere stato stordito con una potente droga.
A uccidere il giovane sono stati Manuel Foffo e Marco Prato. Manuel, 29enne di famiglia benestante, viene arrestato perché ha confessato al padre Valter di aver compiuto un omicidio nel suo appartamento di via Igino Giordani 2. Dice di averlo ucciso con la complicità di Marco Prato, un omosessuale trentenne, noto PR della movida gay romana. Avevano invitato Varani al festino promettendogli 100 euro, mentre in realtà lo avevano scelto a caso come vittima predestinata, “per provare l’effetto che fa”.
Marco Prato intanto sparisce ma viene ritrovato, grazie alle indicazioni di Foffo, nella camera di un albergo a piazza Bologna. Le forze dell’ordine lo trovano riverso sul pavimento, in precarie condizioni, dopo aver ingerito un mix potenzialmente letale di alcool e tranquillanti. In seguito Marco Prato dichiara di aver partecipato solo per seguire Manuel di cui si dice innamorato. Le versioni e la storia giudiziaria dei due assassini da questo momento divergono. Manuel Foffo sceglierà il rito abbreviato, arrivando nel giro di due mesi alla sentenza di primo grado, 30 anni senza l’aggravante della premeditazione. Marco Prato invece sceglie il rito ordinario, professandosi innocente, ma alla vigilia della prima udienza si toglie la vita nel carcere di Velletri, lasciando un testamento in cui dice che gli è “impossibile reggere la pressione mediatica, la vita così mi è insopportabile”.
Questa la storia, ancora piena di misteri, che il film ricostruisce a partire dalla mattina del 4 marzo 2016, giorno del ritrovamento del corpo senza vita di Luca, con l’ausilio di ricostruzioni e testimonianze. Tra gli intervistati figurano Giuseppe Varani, padre di Luca; Valter, padre di Manuel, che torna a parlare in esclusiva di fronte alle telecamere dopo un lungo silenzio; Nicola Lagioia, scrittore vincitore del Premio Strega, il quale arriverà ad affermare che “questa storia rappresenta il nostro lato oscuro”.
Scrive Adriano Russo su Nocturno.it: “Il delitto Varani è stato oggetto di discussioni e dibattiti giornalistici e criminologici, sicuramente anche per effetto della spettacolarizzazione mediatica che ne è stata fatta e per come ha scosso l’opinione pubblica e l’immaginario collettivo, sempre molto incalzante nei confronti dei casi di cronaca nera. Tanto è stato detto e teorizzato sulla ricostruzione dell’identità dei diretti interessati, a partire dall’analisi della loro storicità e del loro retroterra familiare e culturale, delle modalità distorte di socializzazione che caratterizzano la movida romana, dell’interiorizzazione anomala di norme sociali e modelli comportamentali. In sostanza si è molto discusso sulle possibili cause psicosociali che avrebbero favorito e alimentato lo sviluppo di una personalità deviante e “criminale”. Sconvolto e senza parole appare il padre del ragazzo ucciso, Giuseppe Varani, del quartiere periferico della Storta, a nord della capitale, il quale nel corso dell’intervista difende con fermezza la memoria del figlio Luca dalle accuse/calunnie rivolte da parte di Marco Prato che lo aveva descritto come una persona solita fare marchette e prostituirsi per soldi nell’ambiente dei festini privati. Altrettanto incredulo sembra il padre di uno dei ragazzi accusati, Valter Foffo, che descrive il figlio Manuel come un bravo ragazzo magari un po’ viziato e sbandato, con scarsa voglia di lavorare, ma non sicuramente come un assassino.”
Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Condividi