Primo lungometraggio dell’inglese Sebastian Michael, proveniente da una lunga carriera nel teatro, qui anche protagonista, presentato in concorso nella 18ma edizione del Film Festival della Lessinia, un Festival dedicato alla vita dell’uomo nelle montagne. Il tema del film, ambientato in montagna per due terzi, è quello della scoperta dell’omosessualità in una persona che apparentemente aveva avuto un’esistenza da etero, sposato e padre di un figlio che ora, dopo la morte di entrambi i genitori, vuole indagare sui reali sentimenti del padre. Il film “inizia in uno spazio urbano (lo stesso in cui poi si concluderà), con la ricerca della verità sul passato dei genitori che il ventenne inglese Theo mette in atto dopo la morte della madre e la scoperta tra le sue cose di un vecchio filmato in super-8 con le immagini di una festa in cui il padre, morto suicida quando lui aveva dieci anni, appare radioso per la felicità. Una gioia legata alla presenza di qualcuno che non è la moglie, pur presente. Theo decide allora di scavare nel passato del padre, risalendo come in una specie di catena di Sant’Antonio le fila delle antiche amicizie. Finisce così in una remota vallata della Svizzera, dove incontra George, l’uomo che aveva scatenato l’allegra spensieratezza del padre in quella lontana festa, precedente alla sua nascita. Il rapporto tra George e il padre di Theo emerge poco a poco, tra silenzi e chiacchierate, tra vecchi biglietti d’amore e un manoscritto nel cassetto (George è stato autore di un best seller prima dell’autoesilio sui monti). Ma ne nasce anche uno nuovo, tra Theo e George, che cambierà la vita di entrambi. Scandito dalla presenza di un menestrello (Pepe Belmonte) che alla maniera di Bob Dylan in Pat Garret & Billy the Kid di Sam Peckinpah ritma con le proprie ballate i tempi del racconto, il film alterna scene in bianco e nero (che rappresenta il lutto, la morte, come nella scena iniziale del suicido del padre di Theo nelle acque del mare di Cornovaglia o all’arrivo di Theo nella casa sui monti di George) ad altre a colori. Procede nella prima parte a mosaico, prima di concentrare l’azione nella lunga parte centrale al legame tra George, Theo e suo padre. Probabilmente risente molto nell’abbondanza di dialoghi della matrice teatrale del suo autore e ha qualche passaggio di troppo, soprattutto all’inizio e alla fine, ma Sebastian Michael ha comunque saputo realizzare un dramma in salsa agrodolce e a lieto fine che è tra le cose migliori viste in questa edizione del festival”. (Giancarlo Beltrame, L’Arena)
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