Michael e Daniel, una felice coppia gay, si sono trasferiti da New York in una bucolica cittadina del Connecticut nella speranza di poter condurre una vita tranquilla e normale. Ma una primavera afosa non sarà l’unico incoveniente che dovranno affrontare nella nuova comunità locale. Michael sta recuperando il suo equilibrio come insegnante dichiarato nella progressista scuola superiore privata del posto. Il suo partner David lavora come approvvigionatore in agricoltura. Entrambi sono più intenzionati a integrarsi nella quotidiana vita locale che a sfidare i pregiudizi che sentono ancora forti nella mentalità di una stanca e provinciale comunità del nord. Il loro motto è “Don’t speak up, don’t make trouble”. Ma un incontro frainteso mette in moto una serie di tristi eventi, guidati dalla madre dello studente e dal suo ambiguo fidanzato. Subito non capiamo se questi sono mossi da sincerità, vendetta o denaro. La vita di Michael si complica, lui e Daniel devono far fronte ai sospetti dei colleghi e alla latente omofobia degli amici e dei vicini di casa. La loro avvocata lesbica Karen (una convicente Julia Ormond) insiste per una battaglia aperta e il suo atteggiamento “tutto d’un pezzo” non è proprio quello che Michael desiderava. La vicenda va completamente fuori dal controllo di Michael quando il suo accusatore scompare, rendendogli ancora più difficile provare la sua innocenza o perlomeno la verità dei fatti. Quando Karen scopre un pericoloso segreto di Michael, che nemmeno Daniel conosceva, il confronto diventa insostenibile e minaccia di distruggere Michael, la sua relazione e l’intera comunità… Bravissimo l’attore Jason Butler Harner nel ruolo di un Michael che vacilla sul confine tra onestà e riserbo, e altrettanto bravo Cheyenne Jackson nel mostrarci un Daniel dolce ed autentico che deve fronteggiare pesanti e inattesi dubbi.
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L’argomento del film è molto delicato, ma, onestamente, non mi è piaciuto, troppo debole, manca di sostanza e non tratta niente di nuovo. Sembra un film fatto tanto per … non ci si è sbattuti molto sulla storia, si parla di emarginazione, bullismo, sincerità, omofobia, ma senza scuotere lo spettatore, tutto un po troppo lineare e rigido, come una tavoletta: credo di aver visto film migliori in giro.
Morale veritiera, dolorosa, trita e ritrita, ma sempre valida purtroppo: noi gay siamo ai margini, quando ci va bene tollerati, in ogni caso più vulnerabili.
Il lieto fine della vicenda è una magra consolazione.