Varie
CRITICA:
“… L’escalation di fatti e misfatti farebbe invidia agli sceneggiatori di Una notte da leoni, modello dichiarato di questa commedia demenziale di serie B, se non fosse che l’Armata Brancaleone della stupidità italica, per giunta giovanilistica, a furia di imitare e citare, questo e quello, non riesce mai ad avere un suo centro e quel che rimane, dopo tanto affannarsi, è il ricordo della peggiore commedia natalizia, quella volgare e spartana, senza arte né parte, girata in fretta e con poco (il basso budget è una cosa insopportabile per un film a vocazione commerciale).
Sarebbe un errore certo portarsi al cospetto di questo film con la “puzza sotto il naso”, come anche trovare un senso laddove un senso non c’è. Eppure il filone demenziale di matrice americana, da Animal House ad American Pie, si fonda su una tradizione specifica (il college movie) e su un background che non trova alcun corrispettivo nel cinema italiano, neanche quello più becero. Noi siamo quelli del cinepanettone e della saga di “Amici miei” (modelli non commensurabili tra di loro), e poi più recentemente dei Soliti idioti, non del film da college, tant’è che sono dovuti andare a Oxford per farci sentire l’odore (poi, per la cronaca, il film è stato girato tutto a Torino, e si vede)…” (Mario Sesti, MyMovies.it) – voto 1/5)
“…Da attore insoddisfatto del metodo di quanti lo hanno diretto, il toscanaccio di Colorado Cafè ha chiamato a raccolta questi ragazzi poco più che ventenni, ha brevemente contribuito alla loro cultura cinematografica, li ha trasformati in una specie di compagnia teatrale e, mettendo a tacere ogni possibile egocentrismo, li ha asserviti a una vicenda solo a tratti punteggiata dai loro cavalli di battaglia.
Trasformandoli chi in un paraplegico, chi in un nerd e chi in uno studente caprone di filosofia, Ruffini li ha mandati alla facoltà di medicina di Oxford, ad aiutare il più infelice in amore del gruppo a conquistare una bella ragazza bionda.
Ora, se originali sono gli attori che la incarnano, la storia raccontata da Fuga di cervelli però non è nuova, perché il film è il remake della commedia spagnola Fuga de cerebros: operazione legittima ma forse pericolosa.
Fra le peripezie da riproporre e i troppi riferimenti ad Animal House, South Park, Non guardarmi, non ti sento e a Il grande Lebowski, il film di Ruffini finisce infatti per soffrire della mancanza di un’identità, soprattutto nelle parti più comiche e sboccate.
Dove invece la piccola banda di italiani all’estero “spacca” è nelle scene più malinconiche, quelle in cui la diversità diventa disagio se non addirittura discriminazione e si insiste sull’importanza dell’amicizia.
American Pie tutto italiano, Fuga di cervelli è a fuoco anche quando ci avverte che l’Italia è un paese per vecchi non tanto perché mancano le opportunità di lavoro per i più giovai, ma perché, come abbiamo detto all’inizio, è sempre più sorda ai nuovi linguaggi e alle voci fuori dal coro….” (Carola Proto, Comingsoon.it)
“…era davvero necessario produrre un film come questo Fuga di cervelli in questo momento storico in cui il cinema italiano ha bisogno di dar voce alle nuove idee e di una forte spinta per poter ripartire? La risposta come sempre è affidata al botteghino, ma da parte nostra non possiamo ignorare il fatto che siamo di fronte forse al peggior film dell’anno.
Fuga di cervelli: Paolo Ruffini con Andrea Pisani in una scena Senza idee, triviale all’ennesima potenza, senza guizzi narrativi e senza il supporto di attori di talento capaci di catturare l’attenzione di chi guarda, questo Fuga di cervelli è l’opera prima da regista del toscanaccio dei cinepanettoni e di Colorado Cafè Paolo Ruffini, che per l’occasione chiama a raccolta un gruppo di giovani comici lanciati dal format cabarrettistico, i più gettonati sulla rete e meno dotati dal punto di vista della comicità, li raggruppa in una sorta di ‘gruppo di studio’ e li spedisce a Oxford per un college movie all’italiana che, oltre ad omaggiare il film spagnolo a cui si ispira e cioè Fuga de cerebros, celebra i Porky’s e gli American Pie e si diverte (senza divertire il pubblico) a citare capolavori come Animal House, Non guardarmi, non ti sento e Il grande Lebowski. La risata latita, le battute di bassa lega abbondano, le gag ‘sessuali’ sono a dir poco imbarazzanti ma ancor più imbarazzante è la voglia di spacciare il film per qualcosa che non è, con l’inserimento, verso il finale, del messaggio buonista sull’amicizia e l’elemento sentimentaloide che punta ad esaltare una dolcezza d’animo dei protagonisti che fino a quel momento, francamente, ci era del tutto sfuggita. Fuga di cervelli manca di una sua identità e a tratti si trasforma in un’operazione demenziale pesante da digerire, guidata da un comico emergente, perché Ruffini questo è, che in mancanza di mani esperte dietro la macchina da presa si perde nell’immensa vacuità delle proprie battute.” (Luciana Morelli, Movieplayer.it)
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“…In una fase storica in cui serie B è genericamente un complimento, in cui significa onestà, pochi fronzoli e un atteggiamento franco e diretto con lo spettatore, il cinema di secondo livello, quello fatto peggio, più brutto e semplice nel senso deteriore del termine, dovremmo chiamarlo in un’altra maniera. Qualunque sia quest’altra maniera è l’aggettivo buono per Fuga di cervelli, pellicola, storia e racconto insulso che manca il suo primo obiettivo (far ridere) e a ricasco tutti gli altri (dal coinvolgere giù giù fino ai più improbabili come “emozionare”).
La storia mette 4 outsider (due handicappati, uno sfigato cronico, un fattone e uno effettivamente scemo) nel contesto del college (Oxford) alla ricerca di donne, ma senza la violenza della fame sessuale dirompente della tradizione di Animal House (o anche il più basso Porky’s), più con un’incomprensibile e fuori luogo dolcezza d’animo.
Non è insomma un film dirompente ma anzi molto conservatore Fuga di cervelli, realizzato male come pochissime cose sono fatte male, scritto ancora peggio e ovviamente diretto senza un’idea dietro, solo puntando la macchina da presa sulle persone. Con questo film Ruffini pare l’erede diretto di Neri Parenti quanto ad anonima sciatteria filmica. Tutto in Fuga di cervelli viene da qualcos’altro (a partire dalla trama che è un remake spagnolo)…” (Gabriele Niola, Badtaste.it)
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“Quello che rimane a distanza di 24 ore dalla visione di Fuga di Cervelli è una grande amarezza, dovuta non soltanto alla povertà di contenuti e linguaggio nel film, ma anche da diversi elementi strutturali che andremo ad analizzare. Opera prima di Paolo Ruffini, celebre presentatore televisivo e grande cinefilo, Fuga di Cervelli appare come un prodotto pensato a tavolino per un determinato e specifico settore dei giovani: prodotto da Maurizio Totti e Alessandro Usai della Colorado film, in collaborazione con Mediaset Premium, il film è composto da personaggi e tematiche che rimandano direttamente all’immagine stereotipata che i produttori hanno del pubblico di Youtube e del cabaret televisivo che osano chiamare i “Giovani d’oggi”. Quindi largo ad un calcato e sterile turpiloquio, giustificato dal consueto e doppiamente offensivo “i giovani parlano così”, via con una storiella semplice semplice che si potrebbe ridurre ulteriormente con “la pupa e il secchione” (per rimanere dalle parti della TV di Cologno Monzese) e un cast di non attori provenienti dalla rete (Guglielmo “Willwoosh” Scilla e Frank “La Mente Contorta” Matano) e da Colorado Caffè stesso. Più che un’autoproduzione, Fuga di Cervelli è una vera e propria delocalizzazione su grande schermo. Manca anche l’idea originale visto che si tratta di un rimaneggiamento di un film spagnolo, Fuga dos Cérebros del 2009. Per Ruffini è un esordio, che azzardando possiamo definire falsato, caratterizzato da un limitato spazio espressivo sia in sceneggiatura, dove si è messo mano ad un paio di personaggi soltanto, che nella regia, dove i giovani non attori sono dichiaratamente non diretti. È innegabile l’anima goliardica di fondo, un film con “l’animo bonario” per citare, ma ciò non basta a rendere il film divertente o comico. Quello che esce dallo schermo è più che altro patetico, molto imbarazzante e deprimente. – See more at: http://vertigo24.net/recensioni/cinema/fuga-di-cervelli-la-recensione-di-vertigo24#sthash.m2bunZV0.dpuf” (Giovanni Villani, vertigo24.net)
mamma che orrore!
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