Michael Gondry esce dalla porta principale del suo cinema di finzione surreale e fantastico per rientrare con quella del documentario attraverso la storia della zia Suzette, donna dalle mille risorse, instancabile lavoratrice e madre severa. Suzette è stata insegnante unica in diverse realtà di periferia nella Francia degli anni Sessanta e Settanta. Le varie interviste realizzate alla zia svelano una dolcezza nascosta sotto la scorza dura e impassibile di una donna che ha condotto la sua vita con rigore e serietà…
Suzette però è stata anche una donna severa soprattutto nel rapporto con il figlio Jean-Yves (la spina nel cuore), omosessuale che soffre di continue crisi nervose. Gondry ripercorre le tappe passate della vita professionale e privata della zia, le gioie e i dolori come la morte del marito, il tutto raccordato attraverso le immagini del piccolo trenino di Jean-Yves, suo gioco d’infanzia preferito. Altri inserti alla maniera di Gondry accompagnano i ricordi della zia come la “tragedia dello stendibiancheria”, piccola recita di un evento accaduto il giorno precedente. Jean-Yves si era spaventato dello stendibiancheria posizionato fuori dal bagno, e s’era messo a urlare… Gondry con il suo solito piglio trasognato ha fatto recitare la scena a Yean-Yves e a Suzette.
Il regista ha passato con la zia quattro estati e un inverno prima di giungere alla forma definitiva del documentario. Intrecciando vita privata e professionale ha fatto luce sulle diverse sfaccettature di una figura da cui ha appreso molto riuscendo a restituire anche gli aspetti più dolorosi della vita di Suzette senza patetismi. (Letizia Geron, Nonsolocinema.com)
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