Lungometraggio presentato al Sicilia Queer FilmFest 2018 e premiato dalla Giuria del Coordinamento Palermo Pride con la seguente motivazione: «Attraverso la lente di una videocamera, testimone delle vite intorno a Jaime, ci viene restituita la storia di un’epoca e della sua comunità LGBT. Nel corso della narrazione documentaristica operata dalla regista Agustina Comedi si susseguono diverse soggettività le quali evocano i diversi temi trattati: omosessualità e comunismo, impegno sociale, lesbismo, transessualità, bisessualità e dragging, senza mai farlo in maniera scontata, ma sempre in maniera diretta e sincera, senza la paura di mostrare le proprie contraddizioni e i propri pregiudizi. Dalla pellicola riemerge una comunità LGBT che sa ancora condividere lo stesso linguaggio e la volontà di fare elaborazione a partire dalle proprie stesse vite, dai propri affetti, dall’affetto per Jaime. Agustina Comedi non ricostruisce solo la vita del padre, quest’ultima diventa una narrazione in cui ognuno di noi può situarsi e riflettere anche a partire dallo shock sociale causato dall’epidemia dell’AIDS . El Silencio Es Un Cuerpo Que Cae è un coraggioso elogio che la regista fa nei confronti della libertà, reso ancora più commovente dal rimpianto espresso da una figlia per la rinuncia del padre e vivere a pieno la propria omosessualità».
Ottimo esordio al lungometraggio della regista argentina Agustina Comedi che utilizza il format del documentario per raccontarci la bella e intensa storia di un omosessuale a Cordoba negli anni ’70, Jaime, suo padre, che ha registrato su una videocamera amatoriale quasi tutti i momenti salienti della sua vita: omosessuale impegnato alla luce del sole fino all’età di 40 anni quando, improvvisamente, decide di sposarsi e nascondere il suo passato. Augustina, la figlia, dopo la morte del padre avvenuta per incidente nel 1999, cerca di comprendere, attraverso i filmati realizzati dal padre, interviste con la famiglia e gli amici, vecchie foto e ricordi d’infanzia, il motivo che portò il padre a cambiare completamente la sua vita. L’impresa non è facile, Nestor, il compagno del padre è morto un giorno prima di Freddy Mercury; del gruppo teatrale “Las Kalas” a cui partecipava il padre, solo un membro accetta di parlare davanti alla telecamera, altri sono morti; la famiglia si rivela molto reticente e timorosa nel parlare del passato di Jaime. Rimangono essenziali i filmati girati da Jaime, che ci vengono proposti come se l’uomo stesse osservando la sua vita da un posto ormai inaccessibile. Non lo vediamo quasi mai (era dietro la cinepresa) ma sentiamo la sua voce, i suoi sorrisi. La sua figura rimane però inafferrabile, anche se molto bene inserita nel contesto storico e politico, grazie ad una’abile regia e sceneggiatura che miscela pubblico e privato, personale e sociale (mettendosi coraggiosamente in gioco in prima persona). Proprio questo sociale, questa società, coi ferrei codici di organizzazioni politiche (anche di sinistra), in un’epoca di dittatura politica e di emergenza Aids, sembra siano stati fattori decisivi dietro ad una scelta così sacrificante.
Il pregio di questo bellissimo film è quello di farci entrare, attraverso una storia intima e privata (del padre ma anche della regista-figlia), ricca di momenti poetici, in un mondo fatto di storia reale, dove la politica poteva essere rappresaglia mortale, complice il silenzio, un silenzio da rompere, quello di un corpo che cade, un silenzio da rivelare, da urlare, perchè non possa più succedere che un uomo venga ucciso od obbligato a nascondersi per un’intera vita solamente per quello che è.
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