Una lucida e nel contempo lisergica discesa nell’inferno di New York fotografata con trame sporche ed un senso di angoscia che perdura fino all’atteso ma beffardo finale. Il pittore Reno Miller convive in un appartamento con due lesbiche ma le cose non vanno tanto bene, il suo agente lo incalza perché i suoi quadri non vendono e come se non bastasse, nell’appartamento di fianco si istalla un gruppo punk che prova in continuazione. Visioni mistico religiose ed una paranoia circoscritta all’interno di una metropoli in disfacimento avranno la meglio sul suo equilibrio psichico ed il povero Reno non troverà nulla di meglio da fare, per sfogarsi, che acquistare un grosso trapano ed iniziare la sua opera di pulizia trapanando il cervello a poveri clochard addormentati sotto ai lampioni. L’inquietudine di un’epoca in rivolta, un movimento anarchico in pieno sviluppo e la crescita delle nevrosi urbane, specie quelle americane: sono questi gli argomenti primari che Abel Ferrara vuole esaltare nel suo cinema. In seguito, con “Il Cattivo Tenente” troveremo molte situazioni analoghe in cui, però, la sua matrice cattolica verrà resa più marcata da un costante pessimismo cosmico. Onestamente, a tanti lavori impenetrabili del maestro italo americano, preferisco questo fresco ed ingenuo “Driller Killer”, capace di esprimere appieno gli ambienti e le perversioni di una decade distrutta da una crescita troppo incontrollata. Detto questo “Driller Killer” risulta un ottimo biglietto da visita per l’inferno del cinema di Ferrara, qualora decidiate di addentrarvicisi. (A. Genovese, Alexvisani.com)
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