1929, in una città americana dell’Est: un potente e corrotto pezzo da 90 ebreo si scontra, a causa di una donna, con il suo amico e consigliere irlandese, mentre è in corso una lotta acerrima con un boss della malavita italo-americana. Film violento ma raffreddato da risvolti di grottesco umorismo, dove l’intreccio tra politica, affari e criminalità organizzata è un dato di fatto quasi scontato, organico e non patologico. Non c’è un solo personaggio positivo, e ciascuno ha il suo lato debole. Il crocevia di Miller nel titolo rimanda al bosco che è il luogo della messa a morte, ma anche al fascino tortuoso di una messa in scena dove tutto dalla fotografia di Barry Sonnenfeld, futuro regista, alle musiche irlandesi di Carter Burwell concorre a un esito di alta coerenza stilistica. Se non il migliore, è il più armonioso e compatto dei fratelli Joel e Ethan Coen. (Il Morandini)
Il film è volutamente pieno di stereotipi del genere gangster, che spesso tendono al grottesco, tra i quali, con un felice tocco innovativo, abbiamo anche alcuni personaggi gay, coinvolti in una specie di triangolo. Naturalmente non sono gay dichiarati, ma sembra che tutti, boss compresi, siano a conoscenza delle loro preferenze sessuali e delle loro tresche, abilmente sfruttate dai loro nemici personali. Esilarante il ruolo di John Turturro, anch’egli gay, quasi checca (così si autodefinisce in una scena del film), nella parte del primo “homme fatale” gay dello schermo.
Effettua il login o registrati
Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.
Una trama tortuosa per un film affascinante.
Due ore di fitto intreccio tra criminalità affari e politica con una fotografia da ricordo.
Tante scene lasciano il segno (una x tutte: il cane, il bambino davanti al cadavere, il furto del parrucchino e la fuga) prova di grande maestria.
I gay del film sono calati egregiamente nel contesto mafioso, solo Turturro un poco sopra le righe.
grandissimo film….intrecci e doppi-tripli giochi a go-go!