Colin, un giornalista, e Mary, un’attrice, sono due giovani amanti inglesi in vacanza a Venezia per decidere del loro futuro. Mary infatti ha già due figli, ma l’uomo non è ancora pronto per un rapporto duraturo. Una sera incontrano Robert, un uomo affascinante sposato con Caroline, il quale, dopo aver sedotto i giovani col suo fascino, li invita a soggiornare nel suo bellissimo palazzo tra le calli…
“Se Cortesie per gli ospiti viene solo interpretato come un rapporto tra padri e figli o di mogli che diventano madri dei loro mariti, si rischia di prendere una solenne cantonata. E’ vero che il breve romanzo di McEwan stressa molto il concetto di sessualità e potere identificando nella figura di Robert (Cristopher Walken), il maschio reazionario dominante che coinvolge la propria consorte Caroline (Helen Mirren) in giochi sempre più perversi. Ed è anche evidente che il rapporto tra gli amanti Colin (Rupert Everett) e Mary (Natasha Richardson) soffre di differenze anagrafiche e culturali che ripercorrono sensi di colpa edipici. Ma al di là di queste considerazioni, scendendo in profondità nell’analisi del testo, emerge la forte componente della omosessualità repressa in Colin e in Robert: è proprio nel loro rapporto contraddittorio che il film acquista quella particolarità che ne illumina i passaggi più oscuri. L’improvviso pugno nello stomaco di Robert a Colin, le continue narrazioni dell’attitudine del padre di Robert di truccarsi i baffi, il pigiama da donna indossato da Colin, le foto scattate di nascosto usate come stimolo del gioco di coppia, la musica melodica italiana anni ’50 (Corrado Lojacono, Nicola Arigliano, Teddy Reno) nel jukebox di un locale equivoco. Il gigolò Richard Gere degli anni ’80 si è trasformato negli anni ’90 in un maturo borghese in completo bianco Armani ma dalla confusa identità sessuale. Sin dai tempi de Il servo, Harold Pinter ha esplorato queste zone oscure della sessualità in relazione a forme di potere e prevaricazione in cui il piacere/sofferenza della sottomissione coincidono con quelli del dominatore. La passività di un elemento scatena l’aggressività dell’altro e soprattutto nel rapporto tra Robert e Colin la componente omosessuale proietta un cono d’ombra tragico su entrambe le coppie. La nozione di “sexual chic” che si adattava bene a quel mondo degli anni ’80 popolato di corpi in cui la sessualità era confinata alla superficie degli oggetti, qui si trasforma in una opacizzazione di ruoli e caratteri, in cui alla repressione del desiderio omosessuale corrisponde la frammentazione in mille pezzi dello specchio identitario. Qui le istantanee fotografiche sostituiscono oggetti e simulacri, mentre gli interni dei palazzi simil-bizantini sono attraversati dagli stessi giochi di luce e di ombre che vedevamo tra le tapparelle dell’appartamento di Richard Gere-Julian Kay. Cortesie per gli ospiti è il film di Schrader che segna un passaggio determinate verso la dissoluzione della narrazione e della consistenza dei personaggi: dall’esistenzialismo dei soggetti tormentati nei film degli anni ’70 (Yakuza, Taxi Driver, Hardcore), Paul Schrader vira decisamente verso la scomparsa di redenzione e senso di colpa, fino al nichilismo di The Canyons. Alla fine il godimento sessuale trascende la singola prestazione ed è eternamente condannato a un qualcosa di eccessivo e traumatico, in una riproposizione incestuosa di un rapporto genitoriale malato. Così come dice la poetessa Adrienne Rich citata in esergo nel romanzo di McEwan, non si fa che “abitare due mondi, le figlie e le madri, nel regno dei figli”.(Fabio Fulfaro, Sentieriselvaggi.it)
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