Close-Knit

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“La musica di un pianoforte, una stanza in disordine, mutandine e reggiseni. In cucina, tra una pila di piatti da lavare e cartacce da buttare, la piccola Tomo (Rinka Kakihara) divora in silenzio l’ennesimo onigiri confezionato. È lei la protagonista di Karera ga honki de amu toki wa (Close-Knit il titolo internazionale) di Naoko Ogigami.  Tomo deve prendersi cura di sé da sola, la madre è quasi sempre assente, beve molto e a malapena riesce a svegliarsi al mattino per salutare la figlia prima che vada a scuola. Un giorno, improvvisamente, come già altre volte in passato, non torna più a casa ed è a questo punto che la ragazzina si rivolge allo zio Makio (Kenta Kiritani) che, molto volentieri l’accoglie in casa, ma l’avverte: «Ora vivo con qualcuno. Qualcuno di insolito», la sua ragazza transgender Rinko (interpretata da un uomo, l’attore Toma Ikuta). L’iniziale fredda accoglienza da parte di Tomo nei suoi confronti viene ben presto cancellata dai modi dolci e materni di Rinko. Dalle cene e i pranzi preparati con amore, al tempo trascorso insieme a giocare ai videogiochi, a pedalare in bicicletta e a coccolarsi. Tutti aspetti che sono sempre mancati nella vita della protagonista e che potrebbero farci pensare che la femminilità possa esprimersi solamente attraverso azioni da casalinga, come appunto cucinare, pulire e prendersi cura dei figli. Ma sarebbe una visione troppo semplicistica del film. La felicità ritrovata all’interno del nido creato dai tre personaggi, deve però far presto i conti con gli attacchi esterni, dalle prese in giro dei compagni di classe, al duro giudizio da parte della madre di uno di loro, fino ai servizi sociali che piombano all’improvviso perché la casa dove vive non è un ambiente salutare per una bambina della sua età. Offese e insulti rendono Tomo nervosa e aggressiva fino a quando decide di rendere proprio l’insegnamento di Rinko: lavorare a maglia per incanalare la rabbia e la frustrazione. È quello che le ha insegnato la madre e che lei fa da sempre, da quando era una ragazza intrappolata nel corpo sbagliato. E che continua a fare, visto che la vita non è facile, almeno nel rapporto con la società e con l’altro, fino a coinvolgere compagno e «figlia» nel suo grande progetto personale: realizzare 108 peni di lana che andranno poi bruciati in un rito purificante per liberarsi definitivamente della sua identità maschile. È su questi aspetti che si concentra di più il lavoro della regista, nel trasmettere l’idea che una famiglia non convenzionale, se così può essere definita, come la loro, sia in realtà uguale a tutte le altre, in cui si fanno le stesse cose, da pedalare sotto ai ciliegi in fiore, ad andare in gita al mare, ma che soprattutto fanno una cosa non così scontata: volersi bene. Essere affiatati e prendersi cura l’un l’altro, come suggerisce il titolo, che rimanda anche al lavoro della maglia. Naoko Ogigami realizza un film empatico, delicato ma anche divertente, su un tema attuale come quello dei diritti lgbtq e delle donne. Un lavoro originale, tratto da una storia vera letta sul giornale Asahi Shimbun di una madre che regala alla figlia transgender un seno fatto a maglia prima della sua operazione, che dà speranza anche al Giappone, un paese che tradizionalmente evita di trattare la questione omosessuale”. (Roberta Gialotti, Il Manifesto)

synopsis

One spring Hiromi, who is the mother of an 11-year-old girl Tomo, left home for the umpteenth time. Tomo is accustomed to such a mother and as always went to Makio’s place. He is a brother of Hiromi and has lived with Rinko, a pretty girlfriend. Actually, Rinko is a transwoman. She works as a caregiver in a nursing home where Makio’s mother Sayuri who suffers from dementia is living. Rinko makes a delicious meal and sometimes cuddles Tomo. She is a little confused, but Tomo, Rinko and Makio start to live a life together. One day Rinko teaches Tomo to knit to control her temper. Rinko was also taught by her mother at the age of puberty when she struggled with her sexuality. A daughter neglected by her mother. A gentle uncle and his transgender lover. An angsty boy who recognizes a sense of himself as a gay – A warm “knitting” reorganizes unconventional family.

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Recensione

The international premiere of Naoko Ogigami’s magestic film Karera ga Honki de Amu toki wa (Close-Knit) in the Panorama Special section of Berlinale 2017 garnered applause throughout the course of the credits, and then for an additional two minutes once the lights were up. Close-Knit centres around the life of 11-year-old Tomo (Rinka Kakihara) who lives a neglected existence with her wild mother, who leaves her in a filthy apartment with store-bought onigiri rice balls as sustenance. Once her mother takes off without warning, Tomo seeks out her uncle, Makio (Kento Kiritani), who warns her that Rinko (Tôma Ikuta), the woman in his life, is “unusual.” At first, Tomo is wary of Rinko, Makio’s transsexual partner, but after Rinko cares for her in such a tender way, the little girl’s defences drop and she forms a tight bond with her new mother figure. Even though the subject of transsexuals in Japan would normally be taboo, Ogigami’s strong script brings a levity to a topic that in recent years has been dealt with in more (overly) serious ways. The first scene with Tomo and her uncle is a great example of simple, realistic dialogue, revealing their history without being too wordy. The exquisite camerawork, lingering shots on empty frames, interesting angles and still images where the actors so effortlessly move in and out of frame, is delicate and gentle, and a bike scene of the three riding among the cherry blossoms is gorgeous. One can sense that the actors were given freedom to act, rather than chopping up their performances with cut after cut, and that the director truly trusts her actors, and vice versa. This is storytelling at its best. There are so many genuine and humorous scenes where the audience will laugh out loud. While the imagery of breasts and penises shown in knit form may seem childish or kitschy to some, one must remember that this story is about Japanese culture, viewed through the lens of young Tomo’s world. This isn’t to say that Close-Knit doesn’t touch upon darker topics; the storyline of Tomo’s classmate hits a nerve, dealing with a serious issue currently in Japanese society. This young boy’s overbearing and judgemental mother is the epitome of misguided and heavy-handed love. The casting of a transgender actor in the role of Rinko would have been interesting to see – one wonders if that was ever brought up in casting – and the two child actors are an impressive casting choice. The playful score, with sounds of the xylophone and piano, are lovely and enhance the film’s atmosphere so well. On a few occasions, the louder moments of the piano score feel a little sentimental and might have benefitted from a more toned-down approach. One of Berlinale 2017’s triumphs, it wouldn’t be a surprise if Ogigami’s Close-Knit won a prize in the Panorama Special (also part of Generation 14plus section) this year. Let’s hope for wide distribution for the film in the future, both domestically and internationally, because this movie is one that shouldn’t be missed. (Lindsay Bellinger, theupcoming.co.uk – voto: 5/5)

 

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