Un film difficile, forse poco riuscito, che utilizza inizialmente uno stile thriller americano per poi rivelarci subito il volto del colpevole e trascinandoci per oltre due ore in una filippica antisovietica. Il regista è svedese ma il film è americano e sembra girato ai tempi della guerra fredda. Comprensibile, anche se poco giustificabile, che il film non sia stato programmato in Russia. Siamo nelle Russia sovietica, ai tempi della dittatura stalinista, e gli autori hanno coniato quella che dovrebbe essere la frase riassuntiva di tutta la vicenda narrata: “Non ci sono crimini in Paradiso”, dove per paradiso si intente l’Unione Sovietica. Per questo motivo non è ammissibile che si parli di delitti pedofili, i bambini trovati violentati e squarciati, devono essere considerati come morti in incidenti (siamo sempre nei pressi della ferrovia). Mentre invece ci si accanisce contro inermi omosessuali, coppie o singoli, colpevoli del reato di omosessualità, questo sì uno dei più gravi e condannabili. Nel film solo una breve scena ma molto esplicativa, coi primi piani dei due uomini che si sentono come dei mostri. Leo Demilov (un bravissimo Tom Hardy) è un agente segreto dell’MGB che si rifiuta di denunciare la moglie (una sperduta Noomi Rapace) e per questo viene spedito al confino in un lugubre avamposto della Militsiya. Il film viene complicato da una difficile e ambigua storia tra i due protagonisti, marito e moglie, che a metà film scopriamo essere stato un matrimonio forzato. La storia principale segue invece il caso di un serial killer che adescava bambini nelle stazioni dei treni, storia vera conosciuta come “il mostro di Rostov” avvenuta tra gli anni ’70 e ’80, che invece il film sposta negli anni ’50 in pieno stalinismo. Quello che riesce bene nel film, più della storia che ha momenti poco credibili (come la facile individuazione del colpevole, e una sua improbabile giustificazione), sono senz’altro le atmosfere cupe ed oppressive, sottolinetae da riprese quasi sempre avvolte nell’oscurità, che accompagnano i protagonisti, sia negli interni famigliari, che in quelli istituzionali, che negli esterni di una società angosciante, dominata da sospetti, delazioni e paura.
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