Varie
In New York City, detective Billy Taggart goes to court for the murder of the rapist Mikey Tavarez, but the Mayor Nicholas Hostetler and the Chief of Police Carl Fairbanks vanish with important evidence and Billy is declared not guilty by the judge; however, he leaves the police department. Seven years later, Billy is a private detective and lives with his girlfriend Natalie Barrow, who is an aspiring actress and the sister of Mikey’s victim. His secretary Katy Bradshaw (Alona Tal) is trying to collect part of the debts to save their business. In the week of the elections, Hostetler summons Billy and offers $50,000 to investigate his wife, Cathleen Hostetler, whom he believes is having a love affair. Billy discovers that Cathleen is meeting Paul Andrews, who is the coordinator of the campaign of Jack Valliant, the opponent of Hostetler and favorite in the election. When Paul is found dead on the street, Billy finds that he had been double-crossed by Hostetler and he decides to investigate the truth behind Paul’s murder…Two secondary characters in the film are veiled homosexual, we can not tell you who are, not to spoil the surprise, which comes with a flood of tears and sobs to witness a big gay love.
CRITICA:
“A rifletterci bene però un elemento interessante che salva Broken City dall’essere una timbrata di cartellino c’è: la separazione tra giustificazione umana e giustificazione etica di alcune azioni. Accolto in una classica storia da noir complottista (Wahlberg, anche coproduttore, cita addirittura Il braccio violento della legge o Chinatown), il pubblico vi scopre una sensibilità calibrata: non c’è condanna dal punto di vista umano per chi si fa giustizia da solo, ma allo stesso tempo non si depenalizzano le sue azioni, suggerendo quanto il giustizialismo possa essere strumentalizzato da chi sia mosso non dalla disperazione ma dalla pura sete di potere o di denaro. Se la regia di Allen Hughes e il copione di Brian Tucker non avessero seppellito la riflessione sotto tanti luoghi comuni visivi e dialogici, il tema centrale, evidente nel finale, sarebbe risultato più nitido.” (Domenico Misciagna, Comingsoon.it)
“Il regista Allen Hughes dirige per la prima volta senza avere accanto il fratello Albert, ma mantiene uno stile visivamente ricercato che in parte risolleva le sorti di un film poco incisivo.
Billy Taggart (Mark Wahlberg) è un ex poliziotto di New York che lavora come detective privato, dopo essersi fatto coinvolgere troppo da un’indagine. Billy viene contattato dal sindaco (Russell Crowe) che lo assume per scoprire l’identità dell’amante della moglie (Catherine Zeta-Jones). Il presunto tradimento nasconde, però, una situazione ben più complessa dalle tragiche conseguenze.
Broken city paga il prezzo di una struttura narrativa debole e irrealistica, nonostante il risultato finale sia un thriller a sfumature politiche piacevole. La sceneggiatura dagli sviluppi prevedibili che sfrutta i confini tra il bene e il male, due dimensioni declinate in quasi ogni possibile forma nel susseguirsi di eventi, non permette al cast esperto di andare oltre un’interpretazione stereotipata dei rispettivi personaggi. Il montaggio ritmato e le sequenze d’azione ben realizzate mettono in evidenza la bravura di Hughes, ma Broken city non riesce mai a creare la tensione necessaria a far dimenticare gli evidenti difetti della sua sceneggiatura. Piatto.” (Beatrice Pagan, Lettera43.it)
“…A questo punto è evidente che l’intreccio narrativo, piuttosto scontato e prevedibile, non può essere considerato il punto di forza di un film vecchio stile che tutto affida, fortunatamente, all’interpretazione e alla caratterizzazione dei personaggi. Perché, se c’è un elemento che rende veramente interessante la sceneggiatura di Broken City è la costruzione di maschere umane tanto lontane dalla quotidianità di uno spettatore medio quanto realistiche e concrete. In questo caso, più dell’antieroe, di cui si segue la parabola discendente semplicemente richiamando alla memoria l’intera filmografia di Wahlberg, a lasciare un segno indelebile è il villan Russell Crowe. Facendo forza su una caratterizzazione fisica definita nell’abito come nella gestualità, l’attore offre il ritratto di un potere costruito con fatica e dedizione, tanto da giustificare la propria corruzione in nome di un sogno americano finalmente raggiunto. Alle sue spalle si staglia una New York meravigliosa ed altera che, attraverso i suoi panorami notturni, si sofferma ad osservare annoiata e indifferente l’affannarsi inutile di tutte queste vite. Perché, che si insegua la remissione dei propri peccati o si esibisca con vanto l’astuzia delle proprie azioni, nulla conta di fronte l’immobile grandiosità di una città incapace di dormire e di perdonare chi non rispetta le sue regole.” (Tiziana Morganti, Movieplayer.it)
“…La sproporzione tra la qualità delle performances attoriali in gioco e quella del copione salta agli occhi e inficia il film nella sua interezza. Come se i due contributi funzionassero a velocità diverse: mature e sofisticate le prove di Mark Wahlberg e Russell Crowe, potenzialmente perfette per dar vita ad uno scattante e imperdibile incontro sul ring, ma ingenua e perennemente in ritardo sullo spettatore la sceneggiatura. E purtroppo la dose d’ingenuità che si può attribuire al personaggio di Wahlberg, accecato da qualche pregiudizio iniziale di troppo, non è sufficiente a giustificare il gap, che permane troppo esteso e inverosimile.
L’intento, chiaro e apprezzabile, è quello di inscrivere su uno sfondo alla Ellroy (il ritratto di Billy corrisponde perfettamente all’autoritratto dello scrittore, americano religioso eterosessuale di destra) una vicenda di redenzione, o meglio ancora di coscienza, e può venire alla mente, per affinità tematica, il capolavoro di Spike Lee, La 25° ora, ma è un paragone che è meglio accantonare, perché schiaccia inutilmente e senza pietà il film di Hughes.
L’aspetto più interessante di Broken City è però sicuramente quello, ovvero l’arco di trasformazione del personaggio principale, perfettamente aderente al modello del detective hardboiled e dunque ai margini rispetto alla polizia ufficiale ma al centro del bersaglio quando si tratta di ammaccature dell’automobile e dell’arcata sopraccigliare, che muta da duro fuori a duro dentro, da giustiziere fai da te -incline all’abuso di potere quando serve- ad essere umano che riconosce il valore di una legge uguale per tutti e va coraggiosamente incontro al destino. È questa anche l’unica linea narrativa credibile: lo stesso non si può dire dell’affresco sulla corruzione cittadina né dei rapporti o delle dinamiche che legano le pedine dello scacchiere sociale tra loro”. (Marianna Cappi, Mymovies.it – voto 2/5)
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