Jun Ariyoshi lavora in un bar gay. Una notte, un avventore lo infastidisce e ne segue una cruenta lotta durante la quale Jun uccide l’uomo. Jun non mostra alcun segno di pentimento o rimorso e viene quindi messo in prigione. Uno dei giovani carcerati suoi compagni, che porta numerosi tatuaggi su tutto il corpo, si chiama Shiro Kazuki. Questi ha uno sguardo che sembra uccidere; la brutalità e la violenza sono il suo marchio caratteristico e presto arriva in cima alla scala gerarchica dei prigionieri. Jun, molto più introverso, è affascinato dalla forza e dalla capacità d’iniziativa di Shiro. Shiro accetta Jun perchè pensa che sia l’unico in grado di comprenderlo veramente. Diventano sempre più amici fino a diventare una vera coppia, determinati a non permettere a nessuno d’intromettersi nel loro rapporto. Quando succede un incidente. Una guardia carceraria è testimone dello strangolamento di un carcerato da parte di un’altro. Il prigioniero strangolato, che muore poco dopo, è Shiro. Il giovane strangolatore gira intorno allucinato. La guardia vede il viso bagnato di lacrime del giovane che ammette: “Sono stato io”. Egli è Jun.
Il regista giapponese Takashi Miike è conosciuto per i suoi film che rompono coi tabù e le convenzioni, e per la sua capacità di rappresentare in modo vivace e spietato la violenza. In questo film, tuttavia, sembra desideroso di trovare una spiegazione dell’origine e dell’esplosione di tanta violenza. Che cosa può avere causato il terribile gesto di Jun?
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Film intenso, di ambientazione teatrale, in cui il regista crea un quadro di assoluta bellezza in ogni singolo fotogramma.
Una carrellata di immagini sublimi (quella della scala in orizzontale su tutte) che si incastrano alla trama di un mistero che si svela con lentezza e parsimonia.
E’ una storia d’amore fantastica, soprattutto perché non è una storia d’amore, è qualcosa di meno e, senza dubbio, qualcosa di più.
Questa ambientazione, che rimanda a Fassbinder e Derek Jarman, incornicia un “non luogo”: un carcere in cui non esistono mura, in cui ogni movimento dei detenuti sembra far parte di una coreografia ed in cui i dialoghi si alternano a lunghi ed estenuanti silenzi.
Una storia in cui il tempo non ha valore cronologico e le scene vengono ripetute ogni volta con una valenza diversa: viene data allo spettatore la possibilità di scegliere se seguire la trama oppure lasciarsi andare e fluttuare insieme al film.
E alla fine tutto viene svelato, ma con una soluzione che sembra dire “c’era davvero bisogno di una spiegazione?“.
Colpo di genio il metodo seguito per l’interrogatorio, in cui le domande non vengono enunciate ma sovrimpresse alle immagini.
Le inquadrature degli esterni sono enormi e bellissime, finte e pittoresche. Inchiodano l’unico vero colpevole: l’arcobaleno.
Esteticamente perfetto, ma povero nei contenuti. Cito dalla sinossi: “Diventano sempre più amici fino a diventare una vera coppia…” Mi sa che chi ha scritto questa frase ha visto un altro film, in questo i due protagonisti si abbracciano una sola volta in maniera molto pudica. Ma come in “Soffio” di Kim Ki-Duk, solo chi ti ama può ucciderti.
Io ho questo film. Se ti interessa scrivimi [email protected]
anzi ne approfitto per dire che mi fa veramente schifo vedere gente in questo sito scambiarsi info x scaricare film…spesso anche di piccole produzioni che andrebbero sostenute…quando i titoli sono normalmente in vendita…internet usatelo x farveli spedire se vivete lontano dalle grandi citta…sigh (spero che si noti che ho cercato di usare un linguaggio pacato…)
Ma dove lo hai cercato? dal panettiere?? lo trovi in ogni negozio…è un titolo della QUEER…
Non so dove trovarlo… c’è su megaupload o altro? alcuni film sono davvero introvabili!
Bellissimo l’impatto teatrale.
Apparentemente un po’ fuori dai canoni soliti di Miike, in realtà il film è il classico prodotto del genio allucinato del regista nipponico. Film ovviamente di nicchia, visivamente stupendo.
Eccessivamente ricercato.
…tra Genet e Mishima..un classico dell’ esaltazione dell’autodistruzione sublimando l’eros e negando l’amore.
…tra Genet e Mishima..un classico dell’ esaltazione dell’autodistruzione sublimando l’eros e negando l’amore.
D’impianto teatrale, il bellissimo film di Tagashi Miike ruba lo spettatore e lo trasporta vicino ai tormenti dei giovani Shiro e Jun.
Di non subitanea facile lettura, ogni scena è una piccola opera d’arte.