Vincitore del prestigioso riconoscimento Les Ètoile de la Scam, il film ha avuto la sua première al Festival di Locarno. In Italia è stato presentato al Festival dei Popoli, festival di rilievo internazionale.
In principio c’è il livido. Un ematoma blu sulla guancia sinistra. Un gonfiore che è il primo dolore e la causa di ciò che è avvenuto. La contusione ostentata come un vessillo dalla Madre di tutti noi che da secoli se ne sta seduta sulle pendici del Vesuvio, calmissima su un mare di magma. Con il suo livido e il suo dolore.
La Madonna dell’Arco. Intorno a questa contusione si articola il ritratto di un paese in piena sofferenza, incapace di rimarginare le proprie ferite, e si penetra lentamente nell’anatomia scomposta di un’Italia che continua ad affondare sotto gli occhi di tutti aspettando da sempre un miracolo, uno qualsiasi.
Al centro della storia tre personaggi femminili che non s’incontreranno mai: li seguiamo nelle loro peregrinazioni quotidiane, ognuno nel suo quartiere, nelle sue strade, nei suoi itinerari segreti. Un’antropologa in sedia a rotelle, una transessuale, Fabiana, fedelissima alla Vergine, una pianista coreana che ha smarrito la via: tre donne in cerca di se stesse. Fabiana di notte si prostituisce. Di giorno è a capo di un’ associazione di fedeli della Vergine. Questa Madre dolorosa è tutto ciò che ha di più caro e trasmette la sua fede alla nipotina dodicenne, a cui insegna anche a vivere. Fabiana è ancorata al suo quartiere popolare, ma vorrebbe volare lontano, magari a Parigi o a Nizza che ha un mare bellissimo di cui lei non sa dire il nome. Fabiana è uomo, donna, madre putativa e ha unghie lunghissime che la fanno sembrare una farfalla notturna. Fabiana è innamorata. Fabiana è determinata.
Nel caos di una città in cui sopravvivere è un’arte ha trovato un equilibrio interiore che sfiora il miracolo. E se quel livido interno lo nasconde sotto spessi strati di fard, non è certo meno doloroso da sopportare. Ma lei che ama la notte, il silenzio della notte, la via della notte, prepara la processione del giorno del lunedì in Albis in cui si ritroverà a tu per tu con Colei a cui da sempre si affida ciecamente.
E poi la musica che percorre tutto il film come un fiume sotterraneo, armonia che ha sentore di cielo. E se lei sola sapesse lenire quel livido che ci rende unici? Se lei da sola potesse compiere il miracolo?
“Io credo nel rosa. Io credo che ridere sia il modo migliore per bruciare calorie. Io credo nei baci, molti baci. Io credo nel diventare forte quando tutto sembra andare storto. Io credo che le ragazze felici siano le ragazze più belle. Io credo che domani sarà un altro giorno, ed io credo nei miracoli. »
Note di regia: Questo film è nato come una soap opera senza copione e senza story bord di partenza, dove lasciando spazio all’improvvisazione della vita vera, i personaggi hanno finito per trovare da soli la rotta. Se ha l’impianto di una commedia, perché a Napoli non si può sfuggire al genere, è con la freddezza del cinema danese che ho abbordato il soggetto.
De Filippo è stato il mio punto di riferimento, l’oscillazione continua tra veglia e sonno, realtà incarnata nelle nostre aspirazioni più intime.
Se poi sono riuscita a portare un po’ di Chekhov nei dialoghi sospesi e nei silenzi, i miei sogni nel cassetto sarebbero definitivamente esauditi.
Protagonista assoluta è La Vergine dell’Arco, con il suo livido e il suo dolore: lei fa da filo conduttore al film, appare e scompare diventando simbolo o presenza magmatica secondo le esigenze. Gli altri sono comparse con aspirazioni da protagonisti e il ruolo principale se lo meritano tutti: rappresentano a pieno titolo le sfaccettature di un paese intero che in quella città si rispecchia.
Ogni personaggio è metafora, ogni vita è un tassello del puzzle.
(Alessandra Celesia)
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